4-From The Beginning.

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'La vita mia, serranda chiusa di gioielleria, é un auto senza l'assicurazione, l'intermittenza di un lampione in periferia.
La vita mia, danza dagli angoli della Gran Via e resterà una bolla di sapone che sale verso una costellazione.
É un auto in coda in fila ad aspettare altri semafori da addormentare.
La vita mia, appesa ai ganci di una funivia che spinge con la forza di un rottweiler, come la Gloriosa a Buenos Aires.
E quando so di aver toccato il fondo, é proprio lì che vado ancor più giù.
Nella volgarità di questo mondo, io mi nascondo nei tuoi occhi blu.
Equando so di aver toccato il fondo, quel fondo da cui non ti rialzi più, beh io ci vado, mi annienta dentro.
Ma poi mi rialzo sempre.'

Aveva appena aperto gli occhi e per la prima volta si trovava nel suo letto, da solo.
Aveva passato la maggior parte della notte a pensare a quella scommessa. Scommessa al quanto stupida, visto che c'erano dei sentimenti di mezzo, ma a lui cosa importava? Infondo non era lui la vittima, lui come sempre era il predatore.
Non ci aveva pensato due volte ad accettare la richiesta di Colby per mantenere alta la sua fama, ma all'improvviso nella sua mente il volto della ragazza rigato dalle lacrime, in quel corridoio, s'ininuò come una cotellata al petto.
Una domanda balzó nella sua mente come un fulmine a ciel sereno; e se anche quella scommessa avrebbe provocato le sue lacrime?

Si alzó di scatto mandando in aria le lenzuola, si era infuriato già di prima mattina ed era un pessimo modo di cominciare la giornata. Velocemente si fiondó sotto la doccia, forse l'acqua fredda lo avrebbe fatto riprendere, ma le sue speranze furono invane. Quella scommessa continuava a rimbombargli nella mente senza che lui potesse farci nulla.

«Ma cosa cazzo m'importa?! » urló dando un pugno al vetro della doccia, che subito si frantumó in mille pezzi, mentre sangue mischiato all'acqua colava dalle nocche delle sue dita.

Era un continuo tormento. Che importava se un'altra persona soffriva? Anche lui aveva sofferto e nessuno si era preoccupato, nessuno era stato lì a cercare di fermare la sua sofferenza. Nessuno.
Sbuffó e in fretta legó un asciugamano in vita, fasciandosi la mano.
Era passato un solo giorno da quella loro strana conoscenza e quella ragazzina,anche se indirettamente, lo aveva danneggiato più di quanto si notasse.

**

Helena si era svegliata di buon umore quella mattina, mentre camminava per le strade serena e tranquilla, un sorriso raggiante alleggiava sul suo volto pulito.
Aveva un appuntamento con l'esuberante Saraya al bar dove si erano conosciute, per passare una giornata di solo shopping.
Aveva lasciato perdere, almeno per quella mattina, quell'unico frangente della sera prima che proprio non era riuscita a dimenticare.
Non poteva crederci di essersi mostrata debole davanti a quell'uomo, nessuno aveva mai visto le sue lacrime, le aveva sempre nascoste agli occhi degli altri ed invece erano serviti un paio di occhi glaciali per far crollare quel muro.

Eppure lei non lo sopportava per niente quella sua superiorità, le faceva saltare i nervi a fior di pelle, per non parlare del suo sorrisino irritante quando si pavoneggiava; un solo giorno le era bastato per capire che tipo di persona fosse.

Almeno così credeva, l'apparenza inganna, o semplicemente a volte ci si crea una corazza apposta per non essere feriti di nuovo e riprovare quel dolore straziante al petto, al cuore.
Quel senso di solitudine e di vuoto che si sente quando si pensa che la vita sia finita o che fosse stata danneggiata per sempre. Quella vipera spavalda e sicura di sé era stata già avvelenata una volta dal suo stesso veleno, da quel sentimento che lo aveva portato alla distruzione, quello che, con dolcezza, gli aveva sempre sussurrato vita ed amore, ma con gli stessi occhi gli aveva insegnato che si muore.

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