Non è lui, ma è più semplice

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La città nuova aveva un ritmo tutto suo, una luce diversa, e io sentivo la pressione del cambiamento scivolare dentro ogni gesto.

Quel pomeriggio, il workshop era finito prima del previsto, e Leo mi invitò a cena.

Non era un invito che avrei accettato con leggerezza se non fosse stato per quella curiosità sottile che mi spingeva a esplorare.

Leo era il responsabile del workshop: brillante, sicuro di sé, con un sorriso facile e una parlantina che riempiva la stanza senza fatica.

Mi sembrava quasi un'altra dimensione rispetto a Jamie, più lineare, meno tormentata.

La cena si svolse in un locale raccolto, una trattoria che sapeva di tradizione ma con un tocco moderno.

Seduti uno di fronte all'altra, il lume delle candele disegnava ombre morbide sui nostri volti.

Leo parlava del progetto, ma ogni tanto si lasciava andare a battute leggere, ad aneddoti che mi facevano ridere.

Non successe nulla di più, nessun contatto fisico, nessun gesto che superasse la soglia del formale.

Eppure, dentro di me, qualcosa si mosse.

Una sicurezza che mi faceva stare bene, senza quella tensione che Jamie accendeva in ogni sguardo.

Quella sera, tornando al nostro appartamento, notai Jamie seduto sul divano, lo sguardo fisso sul telefono ma con la mente altrove.

Non era facile capire cosa stesse pensando, ma quando mi avvicinai, lui alzò gli occhi e mi osservò.

Non disse nulla, ma io lessi in quei pochi secondi tutta la complessità di ciò che provava.

«Com'è andata?» chiese infine, con la voce bassa.

«Bene,» risposi, cercando di sembrare distaccata, ma non potevo nascondere quel leggero sorriso che ancora avevo sulle labbra.

Lui si alzò, si avvicinò, e mi prese la mano.

«Sai che lo vedo, vero?» disse, con un misto di dolcezza e qualcosa che si avvicinava a un pizzico di gelosia.

Annuii, il cuore che batteva più forte.

«Perché non è Jamie quello semplice?» mi domandai dentro di me, quasi in silenzio.

Leo rappresentava la razionalità, la calma, quella sicurezza che a volte desideravo disperatamente.

Jamie era l'istinto, il caos, la tempesta che scuoteva tutto, dentro e fuori di me.

E in quella sera così diversa, in quel momento così fragile, mi resi conto che dentro di me convivono due mondi.

Uno che vuole la stabilità, l'altro che brama il rischio.

Uno che cerca la semplicità, l'altro che si perde nella complicazione.

E io, sospesa tra questi due poli, non potevo ancora sapere quale direzione avrei scelto.

Rimasi seduta sul divano, la mano ancora stretta in quella di Jamie, ma la mia mente era altrove, immersa in quel confronto silenzioso tra due mondi così diversi.

Lui mi guardava, ma dentro quegli occhi c'era qualcosa di irrisolto, una fragilità che raramente mostrava.

«Ti sto perdendo?» chiese a bassa voce, quasi temendo la risposta.

Il suo sguardo si fece intenso, vulnerabile, e per un attimo tutto il mio cuore si strinse.

Non era una domanda da fare a cuor leggero.

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