Prologo

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Vienna, 7 gennaio 1815


Il respiro glaciale dell'inverno sibilava nella notte. Il conte von Waxenstein si strinse nel proprio soprabito verde bottiglia, srotolandosi nervosamente le maniche lunghe e gonfie, prima di appoggiare la punta del bastone sulla strada ricoperta di neve e scendere dalla carrozza. Davanti a sé, il Graben, costeggiato dai suoi sfarzosi negozi e altri edifici di lusso, a nord-ovest dell'incrocio tra la Stock-im-Eisen-Platz e la Kärntnerstraße, risultava quanto mai deserto. Perfino le ninfe(1) che tutte le sere non mancavano di accostarsi sul ciglio della strada dovevano aver deciso di spostarsi altrove, quella notte. L'uomo aveva appena fatto cenno al cocchiere, sistemato sulla carretta sul davanti, di aspettare, quando sua moglie si sporse e appoggiò le mani guantate di velluto rosso sullo sportellino dell'abitacolo.

«Che Dio ce ne scampi, Leopold!» sbottò lei, furibonda, ma pur sempre a bassa voce, raggelandolo con i suoi brucianti occhi azzurri. «Per quale irragionevole motivo siamo qui? Perché non siamo ancora a casa?».

Lui la fissò, ansioso. «Devo incontrare... una p-persona. T-Ti prometto che ti spiegherò tutto al ritorno».

«Non pensare di liquidarmi così. Sei stato con la testa altrove per tutto il tempo, alla festa dei Reichstadt» lo rimproverò, come se non avesse ascoltato una sola parola. «Arianne ci starà aspettando ancora sveglia».

«Lo so, Marie» le disse. «Ti giuro che...».

Il silenzio fu spezzato d'un tratto da un rumore di passi. Il conte si mangiò le parole che stava per dire ingoiandole insieme al groppo che aveva in gola. Non sapeva come avesse fatto a ostentare così tanta calma fino a quel momento, ma era bastato avvertire quel sinistro fruscio alle proprie spalle per sentirsi quasi mancare.

«Leopold» sussurrò sua moglie, impallidendo insieme a lui nel notare il suo cambiamento di espressione.

«Resta qui».

Non si preoccupò di dirle altro, mentre si allontanava a passi incerti dalla carrozza, con la punta del bastone che affondava nella neve candida. Le suole dei suoi stivali verniciati lasciavano solchi profondi. Leopold imboccò una stradina sulla sinistra, poi si fermò di botto.

C'era un uomo dal volto familiare addossato contro il muro.

Era in compagnia dello stesso individuo che lo aveva minacciato di fare del male a sua moglie e a sua figlia se non gli avesse consegnato le informazioni di cui aveva bisogno, quando lo aveva visto per la prima volta. Quella sera, nella dimora del duca di Reichstadt, aveva avuto tutto il tempo per immaginare ogni scenario possibile ed inimmaginabile. Era sicuro, perciò, che avrebbe rivisto il vero destinatario di quelle informazioni, ecco perché fu sorpreso di ritrovarsi di fronte soltanto il mandatario.

Che cosa avrebbe dovuto dire?

Il conte si schiarì innanzitutto la gola. «Buonase-...».

«Potete anche risparmiarvi i convenevoli» tagliò corto l'altro con un sorriso glaciale scostandosi dal muro e avvicinandosi. Era difficile stabilire se si fosse accorto del fatto che lui avesse appena indietreggiato di pochi passi, ma, se così era stato, fu abile a non darlo a vedere. «Purtroppo, non sono qui per condurre frivole ed inutili conversazioni. Mi auguro, perciò, che voi abbiate scoperto quello che al mio signore preme di sapere».

Leopold esitò per un momento nel rispondere, spiazzato dal suo aspetto e dal suo insolito costume. Era rimasto decisamente troppo terrorizzato, la volta precedente, per accorgersi della pesante cappa color grigio scuro, che indossava sopra la cotta di maglia e la placca pettorale, nonché della spada da combattimento appesa al fianco. A richiamare, se possibile, ancor di più l'attenzione, tuttavia, erano i folti capelli neri, raccolti in grosse trecce che scendevano sul petto, e la barba incolta che iniziava a ingrigirsi ed evidenziava un'orrenda bruciatura, frastagliata e mai rimarginata, che aveva sulla guancia. Non riusciva a capirlo nell'oscurità, ma, da ciò che ricordava, doveva avere la pelle ambrata o olivastra. Il conte von Waxenstein rammentò di avere pensato che provenisse da paesi esotici e orientali, in qualche zona intorno al Mar Nero o al Mar Caspio. Erano gli occhi scuri, cerchiati di nero e dal taglio a mandorla, tuttavia, a spaventarlo, più di tutto il resto, perché gli davano l'assurda sensazione che fosse di un'altra epoca... o perfino di un altro mondo.

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