Chapter Thirty-Four

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"La malinconia costituisce l'inizio della mania e ne è parte integrante. Lo sviluppo della mania rappresenta un peggioramento della malinconia piuttosto che il passaggio ad una patologia differente."

-

Il quel momento, l'unica cosa che mi importava era lui. Mi teneva stretta al suo petto e mi accarezzava il braccio dolcemente. La mia testa era appoggiata sul suo torace e disegnavo cerchi immaginari sulla sua pelle bianca come il latte. Il lenzuolo copriva i nostri corpi nudi.

Lui era l'unica cosa di cui avevo bisogno e volevo che mi tenesse stretta tra le sue braccia, così da tenermi al riparo da tutti i miei errori.

"Quando esce tuo padre?" Mormorò, non voleva distruggere quel dolce silenzio che si era formato nella stanza.

"La prossima settimana, devono fargli altri controlli." Annuì.

"Domani dopo scuola vado da lui, così non starà solo. Non voglio che soffra ancora." Dissi con un filo di voce l'ultima frase.

"Megan." Mi chiamò Ed, e io alzai lo sguardo, incontrando i suoi occhi accigliati. "Non voglio iniziare una discussione, ma.. tu sei quella ha sofferto. Sei tu quella a cui lui ha fatto del male fisico e mentale.." Mi accarezzò la guancia, mantenendo il suo tono di voce basso.

"Voglio solo che le cose si rimettano al posto, non mi interessa chi soffre di più dei due." Ritornai alla posizione precedente, abbassando la testa.

"Vedrai." Accarezzò il mio braccio per darmi conforto. "Andrà tutto bene alla fine, e se non va bene, non è la fine." Mi strinse di più a se e io mi morsi il labbro inferiore per trattenere le lacrime. Non credo che tutto andrà bene, non credo che tutto questo abbia una fine. I miei pensieri andavano dal positivo e dopo neanche un secondo al negativo.

***

La campanella suonò, ed io riposi il libro di algebra nello zaino, per poi uscire da scuola. Cercai con lo sguardo una chioma rossa, nel giardino della scuola, ma non vidi Ed, così uscii dal cancello e mi avviai verso l' ospedale.

Fortunatamente non era molto distante dalla scuola, e in meno di dieci minuti arrivai.

Attraversai il corridoio, e salii le scale. Delle urla riempivano il corridoio del secondo piano. Quelle urla erano troppo famigliari, e senza aspettare un altro secondo corsi velocemente verso la stanza di mio padre. Si riusciva a capire le parole dentro le sue urla, man mano che mi avvicinavo.

Spalancai la porta della camera, ritrovando mio padre che si agitava sul letto e l'infermiera che cercava di calmarlo. Chiusi la porta e mi avvicinai.

"Lei!" Urlò indicandomi. Mi pietrificai, e restai immobile.

"Lei mi ha fatto questo!" Strillò, con gli occhi rossi dalla rabbia.

"Signore si calmi-" Mio padre interruppe la dottoressa.

"Lei mi vuole uccidere!" Gridò, e le mie gambe iniziarono a tremare, non avrebbero retto a lungo. Il mio petto si alzava e si abbassava velocemente.

"Signorina Brown, deve andare dal dottore, lei le spiegherà tutto." Disse guardandomi con compassione.

Indietreggiai, e una volta afferrata la maniglia della porta uscii da quella stanza, lasciandomela alle spalle. Scesi di nuovo le scale, fermandomi al primo piano e percorsi il corridoio, cercando l'ufficio del dottore. Mi fermai quando una parta, poco distante da me si aprii.

"Megan, entra." Il dottore mi fece accomodare e io entrai nella stanza, sedendomi in una delle sedie poste vicino la scrivania.

"Cosa sta succedendo a mio padre?" Mormorai, muovendo freneticamente la gamba. Ero nervosa e avevo paura.

"Abbiamo scoperto una cosa ieri, grazie ad una persona.." Disse, e le mie mani iniziarono a sudare. E se avessero scoperto che ero stata io a fargli del male? Cosa sarebbe successo a me? Chi glie lo potrebbe aver detto? Perché non va bene? Perché non può essere la fine? Non sarei dovuta venire, per lo meno non da sola.

"Suo padre soffre di un disturbo bipolare." Schiusi la bocca per dire qualcosa, ma nessun suono uscii da essa.

"Io.. Cosa?" Abbassai lo sguardo, non riuscivo a capire cosa stesse succedendo.

"Suo padre soff-" La mia voce sovrastò la sua, bloccando la sua frase.

"Ho capito!" Il tono della mia voce era alta. "Non ci sto capendo più niente. Potreste spiegarmi tutto, per favore?" Chiesi e sentii le lacrime avvicinarsi ai miei occhi.

La porta dietro di me si aprì, ma io restai ferma dov'ero, con gli occhi puntati su quelli del dottore.

"Salve Megan." Disse una voce alle mie spalle. Sentii il rumore dei tacchi avvicinarsi, sorpassandomi e, la figura di una donna, raggiunse il dottore dietro la scrivania. "Sono la Signora Mcgran. La psicologa di suo padre." Mi sorrise. Non riuscivo a capire quello che stava succedendo. Rimasi ferma, non sbattendo neanche gli occhi. La guardavo seria, con le labbra chiuse in una linea.

"Non lo sapeva?" La guardai con sguardo interrogativo. "Suo padre una volta alla settimana viene da me per parlare." Corrugai la fronte, non riuscendo ancora a capire.

"Suo padre maltrattava sua madre, perché voleva sfogare la sua rabbia su qualcuno, e fu questo a diagnosticare il suo disturbo. E una volta che sua madre fu scomparsa, pensavo che sarebbe guarito, ma ha trovato qualcun altro su cui sfogarsi.." Il mio cuore aumentò i battiti. E il mio sguardo andava dagli occhi della psicologa a quelli del dottore. "Vero, Signorina Megan?"

"No." Il suono lasciò le mie labbra, senza rendermene conto.

"Non menta, noi vogliamo aiutarla." Le facevo pena per caso?

"Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno. E mio padre non mi maltratta." Dissi convincente, ma dentro stavo crollando.

"Suo padre, signorina Brown, soffre di un disturbo bipolare di primo tipo." Appoggiai la schiena allo schienale della sedia, ed incrociai le braccia sotto il seno.

"Che può essere caratterizzato da un episodio depressivo, che avrebbe a che fare con la morte della moglie, ossia sua madre, e anche da un episodio maniacale spontaneo, che sappiamo da cosa è provocato."Spiegò, ma quando schiusi le labbra per dire qualcosa, continuò a parlare.

"E so che suo padre le fa del male, perché me lo dice nelle nostre sedute."

"Cosa dovrei fare?" Chiesi. Volevo una risposta. "Perché lei non l'aiuta a farlo smettere? Lei è la sua psichiatra e non fa un cazzo!" Alzai la voce.

"Lei non sa come ci si sente. L'unica persona famigliare che mi è rimasta è lui, e mi sta uccidendo. Cosa farà se io non ci sarò più? Si ucciderà?" Urlai, e le lacrime bagnarono le mie guance.

"Dovrebbe guarirlo, ma invece lo sta trasformando in un mostro. Un mostro che sta distruggendo la sua famiglia!" Sbattei la porta alle mie spalle e corsi lungo il corridoio. Quel posto mi stava soffocando, e io avevo bisogno di respirare.

Corsi senza guardarmi indietro.

"Devi lasciarti aiutare." La voce di mia madre invase la mia mente, e quasi caddi dalle scale.

"Non scappare, principessa." Le lacrime scesero e le asciugai con le mani.

"Non lasciarti andare, sei forte." Io non ero forte. Io non riuscivo ad affrontare i problemi. Io non volevo l'aiuto di nessuno. Preferivo lasciarmi andare, come avevo fatto molto tempo dopo.

#imTorn29 xx

STUCK || Ed SheeranDove le storie prendono vita. Scoprilo ora