IMPORTANTE: la seguente storia è il sequel di "REGALES"
1° "Regales - la maledizione del medaglione": completo
2° "i grandi giochi di Dholiam": incorso
Sono trascorsi quattro mesi da quando Gaston ha abbandonato Berenice sull'isola di Dholiam, cost...
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Salutare il tugurio che era stata la sua stanza per ben quattro mesi era stato più facile del previsto. La muffa aveva iniziato a diramarsi come una ragnatela su tutte le pareti, e ogni notte dormire diventava un'impresa sempre più difficile.
Ma non era solo la muffa il problema. L'umidità era diventata talmente soffocante che a volte Berenice faticava a respirare. Ma il vero tormento era il freddo: si insinuava dagli spifferi delle pareti come lame di ghiaccio, le intorpidiva le dita dei piedi e la faceva tremare per ore. Se non fosse stato per Eira e la sua pelliccia, Berenice sarebbe finita morta assiderata.
Con la sua valigetta in mano, per lo più colma di divise logore del collegio, Berenice si affrettò a raggiungere la porta della torre degli Olimpi, dove avrebbe alloggiato durante i momenti di pausa dai giochi.
Cirone era stato piuttosto chiaro con lei: faceva parte degli Olimpi, e come tale avrebbe dovuto vivere, allenarsi e gareggiare con gli altri membri. Ma rimaneva comunque una sguattera e le settimane che avrebbero passato lì in collegio, quando la casata degli Olimpi non era riunita e i giochi in pausa, le toccavano le sue solite faccende domestiche.
Un giramento di testa la indusse a fermarsi per riprendere fiato. Si attaccò con la mano al muro e fu quasi tentata di sedersi per terra, per paura di svenire. Ma quando il ronzio nelle orecchie si attuò, fece un respiro profondo e riprese a camminare.
Doveva mettere qualcosa sotto i denti o sarebbe davvero crollata al suolo. Qualcosa possibilmente di sostanzioso ed energico e non quella brodaglia insapore, che veniva spacciata per minestra o quelle strane patate nere, dure e farinose, che gli studenti avanzavano tutte le sere.
La verità era che Berenice ormai riusciva a malapena a mangiare. Ogni giorno che passava, il suo corpo sembrava respingere sempre più cibi, come se la mente stessa avesse iniziato a chiudere lentamente tutte le porte possibili, restringendo la scelta a una manciata di alimenti.
Le porzioni si erano dimezzate fino a diventare appena un assaggio. E lei lo sapeva che non poteva andare avanti così. I giramenti di testa erano diventati più frequenti, la nausea compariva all'improvviso, e i crampi allo stomaco, che l'avevano accompagnata per tutta la vita, ora erano diventati insopportabili. Forse era lo stress, forse la stanchezza continua, ma il suo corpo stava cedendo, un pezzo alla volta. Lo sentiva in ogni fibra. Ma nemmeno la consapevolezza di star cadendo in un abisso le impediva di farsi forza per risalire in superficie. E poi lei, nemmeno sapeva come risalire in superficie.
Quando entrò nell'appartamento degli Olimpi, con sua grande fortuna, trovò il salone enorme vuoto. Il camino acceso mandava un calore confortevole per tutta la stanza e Berenice capì definitivamente che quel posto era ben diverso dalla sua stanza nei sobborghi del castello.
Salì la scalinata che conduceva alle camerate, superando in fretta le due stanze destinate ai ragazzi. Sulla prima porta erano incisi i nomi di Paride, Aristide ed Ectore. Berenice non sentì un solo rumore provenire da lì, segno che dovevano essere fuori. La cosa non poté che rallegrarla.