1. CONTRASTI FIN DAL PRINCIPIO

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Artemisia fissava imperterrita la porta

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Artemisia fissava imperterrita la porta. Era da ore che stava aspettando Berenice, e la sua pazienza, già di per sé inesistente, stava iniziando a vacillare. Domani sarebbe stato il suo compleanno e Artemisia aveva elaborato scrupolosamente un piano perfetto per festeggiarlo. Conosceva alcuni dettagli del passato dell'amica poco piacevoli – come il fatto che le sue tutrici non avevano mai, nemmeno una volta, festeggiato il suo compleanno - e Artemisia aveva tutta l'intenzione di cambiare le cose d'ora in avanti.

Era seduta da sola davanti al lungo tavolo in mogano del salotto nell'appartamento degli Olimpi, cercando di non origliare quello che stavano dicendo i tre ragazzi seduti sui divani. Cosa che non le stava riuscendo affatto bene.

La stanza era immersa in una penombra biancastra, rischiarata dalla luce soffusa della fiamma arcana che divampava incessante nel camino. I mobili dell'appartamento, eleganti e austeri, rispecchiavano come sempre l'importanza della casata degli Olimpi: poltrone e divani in velluto scuro, scaffali ricolmi di tomi antichi, armadi ricolmi con le loro armi e una lunga vetrata che affacciava sul mare calmo e la spiaggia di sabbia bianca.

Artemisia, però, non badava a nulla di tutto quello, era sempre stata abituata a vivere nel lusso e nello sfarzo. Il suo sguardo era fisso sulla porta.

Incrociò le braccia al petto, cercando di reprimere l'impulso irrefrenabile di voltarsi a spiare i tre ragazzi apertamente.

Dopo che Carya aveva rubato il medaglione, a quanto pare, la squadra che Artemisia aveva immaginato si stesse creando per sconfiggere la strega si era sciolta più in fretta di un soffio di vento.

Artemisia aveva perfettamente intuito che quei tre – Ectore, Aristide e Paride - erano tornati alle loro vecchie abitudini: escludere lei e Berenice da tutto. Ogni volta che provava ad avvicinarsi, la scacciavano in malo modo, e quando non lo facevano apertamente, si limitavano a interrompere la conversazione, lasciando un silenzio talmente imbarazzante da costringerla ad andarsene.

Ma alla fine, poco le importava. L'unica squadra su cui poteva davvero contare era composta da lei, Berenice e la piccola Eira. E le bastava. Non aveva bisogno di nessun altro.

«Mi mancherà Regalia questo inverno,» sentì Ectore lamentarsi dal divano, la voce carica di nostalgia. «Così come il palazzo, il cibo preparato dai cuochi reali e le belle ragazze ai balli invernali.»

«Peccato che il palazzo sia casa mia,» ci tenne a precisare Paride, come sempre, mentre sfogliava un libro davanti a sé. Artemisia colse al volo la copertina: parlava delle guerre passate.

Quel dettaglio non le sfuggì. Anzi, confermava ciò che aveva già intuito: non avevano smesso di indagare. Continuavano a cercare risposte, scavando tra le pagine della biblioteca, convinti di poter trovare qualcosa di utile. Peccato che non fossero affatto bravi a farlo. A lei erano bastati meno di due giorni per capire che della Grande Guerra Oscura non c'era traccia in nessun tomo presente sugli scaffali. Se cercavano lì, stavano solo perdendo il loro tempo.

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