17. 𝔐𝔦𝔯𝔢𝔶𝔞

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Il viaggio di ritorno al castello fu un inferno.

Non tanto per la stanchezza o per il pensiero di dover rivedere il Re, ma perché io e Cayden eravamo bloccati in questa bolla di silenzio denso e soffocante. A volte si rompeva con qualche battibecco, una frecciatina velenosa lanciata senza troppa convinzione, poi tornava il nulla.

Lui non era più lo stesso.

Non che prima fosse un raggio di sole, ma adesso... adesso era solo vuoto.

Quei due uomini nella caverna... il modo in cui li aveva uccisi... brutale non era nemmeno la parola giusta. Era stato qualcosa di più, qualcosa che mi faceva venire i brividi ogni volta che lo rivedevo con gli occhi della mente.

E io?

Io per un attimo, prima che tutto andasse a puttane, avevo pensato che tra noi ci fosse qualcosa. Che quell'intesa, quella tensione sottile che avevamo condiviso, fosse stata reale.

Avevo persino trovato divertente il suo modo di punzecchiarmi.

Ma adesso?

Adesso, fanculo tutto.

Camminavo al suo fianco nei corridoi del castello, i passi attutiti dal tappeto pesante, il cuore che mi martellava nel petto mentre ci avvicinavamo alle enormi porte dello studio del Re.

Ci fermammo davanti alle guardie.

Si scambiarono uno sguardo, poi spalancarono i battenti, lasciandoci passare.

L'ufficio era avvolto in una penombra dorata, illuminato solo dalla luce tremolante delle candele. Il Re era seduto dietro la sua scrivania di legno scuro, un calice di vino in mano, gli occhi gelidi puntati su di noi.

Inspiro piano, cercando di calmare l'ansia che mi stava divorando dall'interno.

Ci inchinammo.

Non per rispetto, ma perché era quello che si aspettava.

«Siete tornati.» La sua voce era bassa, controllata.

Un brutto segno.

Cayden sollevò appena il capo. «Sì.»

Silenzio.

Uno di quei silenzi pesanti, carichi di aspettative.

Il Re attese qualche secondo, poi inclinò la testa. «Dunque?»

Deglutii. Il momento era arrivato.

«Non abbiamo trovato nessuno.»

Le mie parole riecheggiarono nella stanza.

Un battito di ciglia, poi il suono sordo del calice appoggiato sulla scrivania.

«Come?»

Non si arrabbiò subito. No, prima le sue dita tamburellarono piano sul legno, il suo sguardo si spostò su Cayden.

«Ripetilo.»

Cayden abbassò lo sguardo a terra. «Non c'era nessuno, padre.»

Il gelo nell'aria si trasformò in qualcosa di più oscuro, più pesante.

La furia esplose senza preavviso.

«INCAPACI!»

Il boato della sua voce fece tremare le pareti.

Mi irrigidii, trattenendo il respiro mentre il Re si alzava in piedi, rovesciando il calice, il vino scarlatto che si riversava sulla scrivania come sangue.

«Non ho cresciuto un figlio per essere una delusione!»

I suoi occhi bruciavano di ira, freddi e impietosi mentre fissavano Cayden.

The prince of shadows: A light in the dark Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora