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Scarlett🏒



-Com' é Berlino?- mi chiede J qualche settimana dopo il mio arrivo in città.
-Bella! - ho sempre sognato venirci ed ora eccomi qua!
-Potevi dirmelo prima di questo stage! - mi rimprovera la mia amica.
-Scusa, ma è stata una cosa... Improvvisa.-
-Si, si, come ti pare. -
-Come va lì, invece.- chiedo per cambiare discorso.
-Bene. La professoressa di letteratura ha dato le dimissioni. -
-Seria?-
Annuisce. -Pare che abbia ricevuto un incarico migliore di quello alla Lux.-
Mi viene da ridere. La Lux è uno dei collage più ambiti per gli studenti e per gli insegnanti. -Secondo me sta dicendo un mare di cazzate.-
-Al cento per cento.- mi dà ragione J.
-Tu, come stai?-
-Vomito ogni mattina.-
Ridacchio. -È tragica come cosa! Non ridere! -
-Scusa! Ma mi viene da ridere. -
-Capirai cosa si prova quando anche tu starai così -
-La vedo difficile. - sospiro.
-Andiamo, succederà. -
-J, non tirarmela. - la rimprovero scherzando. -In ogni caso, non ora, almeno. Tra qualche anno.-
Lei resta in silenzio. -Finalmente! Grazie! Grazie!-
-Chi dovresti ringraziare?-
-Thomas. - dice - Grazie per averle fatto cambiare idea!-
Mi irrigidisco.
Il solo sentire il suo nome mi fa saltare un battito.
-Scar. Dovresti tornare da lui.- mi dice la mia amica.
-Lo so. -
-Allora perché stai a Berlino e non a casa sua?-
Perché mi sento una merda.
Mi sento uno schifo ad averlo lasciato così. Durante un periodo del genere.
-Non posso tornare, ho un anno da passare qui.- ed è vero, in parte.
Ho accettato questo stage della durata di un anno, ma posso tornare a casa per il Natale.
-Lo sai, anche Thomas è partito. Per un mese, prima di laurearsi. Dice per fare esperienza.- mi informa J.
Sento un morsa al cuore. -Siete ancora in contatto?-
-Certo! Sarà lo zio di mio figlio, ovvio che ci parlo. -
Sorrido, quei due sono diventati buoni amici durante la loro convivenza. Poi mi appare un immagine in mente.
Thomas con un braccio quel bambino.
Porca puttana. Questa cosa è pericolosa.
Questo flusso di mille mila pensieri viene interrotto dal mio capo qui a Berlino.
-Scusa, J, devo andare. Ci sentiamo.-
-Ciao, Scar. -



Qualche mese dopo



Corro con il cuore a mille per i corridoi del grande ospedale.
Appena vedo Josh mi fermo e mi pago in due per riprendere fiato.
-Potevi anche andare con calma. Ancora niente.- mi dice ridendo.
-Ma sono passate tre ore.-
Alza le spalle. -Sarà un gran bel tipetto.-
-Devo sedermi.- e affondo sulle poltroncine di plastica al lato del corridoio. -Come sta?-
-Vuole uccidermi.- dice alzando le spalle.
-Mi sembra proprio da lei.-

Passando altre due ore prima che J viene portata in sala parto.
Josh va con lei quindi io resto con Nora ad aspettare.
-È già nato?- chiede una voce fin troppo familiare.
Una voce che mi impietrisce.
Mi volto e trovo Thomas in piedi di fronte a me.
Cazzo. È ancora bello da togliere il fiato.
-Ciao.- dice.
-Ciao.- dico prima di distogliere lo sguardo. Non ci riesco. Come posso guardarlo negli occhi dopo quello che gli ho fatto.
-Come stai?-
Sussurro un "bene" poco convinto.
-Scar... - inizia ma viene interrotto.
-Oh, ecco gli zii migliori del mondo!- è Josh. Ha un sorriso enorme in volto, ma sembra stremato.
Nora salta in piedi e scoppia a piangere. -È nato?-
-È nato.- annuncia felicissimo il neo papà.

Diverse ore dopo usciamo dall' ospedale dopo aver passato del tempo con J e aver visto Cole. È piccolo e adorabile, la pelle un pò raggrinzita.
Penso di aver pianto dopo averlo guardato la prima nella sua culletta trasparente.
-Scarlett. Ferma.- Thomas è dietro di me, mi segue da un po'.
-Ho da fare.- dico mentre accelero il passo.
-Alle sette di sera? Non mentirmi. Dobbiamo parlare.-
-No, non abbiamo nulla da dirci.-
Mi raggiunge con due falcate e mi afferra per il polso.
Non è una morsa troppo forte, una pressione leggera che mi fa fermare.

-Dobbiamo parlare eccome. Tu ed io.- è serio e determinato.
Poi mi trascina fuori dalla struttura e andiamo fuori in strada.
-Scarlett. Mi dispiace. - inizia.
Rimangi sorpresa. -Cosa? No, no, no! Sono io che devo scusarmi.-
-Perché?-
-Perché sono stata egoista. Ti ho lasciato mentre stavi male.- trattengo le lacrime che minacciano di uscire.
-Non devi...-
-Si invece! Ho avuto paura! - sbotto.
Inarca un sopracciglio. -Paura? Di me?-
-Di tutto. Avevo paura diventassi come mio padre. Che perdessi ogni emozione. Che smettessi di essere felice, di provare amore. Ho avuto paura diventassi così. Freddo. Un guscio vuoto come lo è mio padre dopo la mamma, Cris e Dom.- mi scende una lacrima, ma l' asciugo subito. -Mi dispiace. Non avrei dovuto lasciarti così.-
Thomas resta un secondo in silenzio. Poi mi sposta una ciocca di capelli dietro l orecchie con un gesto delicato della mano. -È vero. Stavo di merda. Ho passato dieci giorni d' inferno. E, si, anche perché mi hai lasciato. Ma non avrei mai potuto smettere di essere felice o di amare. E sai perché? - ma non si aspetta che risponda. -Perché avevo te. Perché ti amo. -
Sento il mio cuore saltare un battito.
-Amo ogni singola parte di te. I tuoi sorrisi. I tuoi difetti. I tuoi baci, che sono la mia droga. Ti amo perché mi dimostri che valgo qualcosa, perché mi supporti sempre. Perché il solo pensare a te mi fa stare bene. Quindi, no, non avrei mai potuto dimenticarmi di essere felice.-
Resto lì, immobile. Lo guardo come se esistesse solo lui.
Le lacrime scendono ma non mi importa.
Sono le parole che aspettavo di sentire da una vita.
Non ho mai saputo bene cosa fosse l'amore.
Ma ora lo capisco.
L'amore è tutto quello che provo per lui.
Ogni singola parte della mia anima è sua.
Ogni singola parola che ha detto, sono le stesse cose che sento io.
Non sono mai stata brava a parole quindi l'unico modo per dimostrargli tutto ciò è con un bacio.
Un bacio che esprime ogni goccia del mio amore.

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