Thomas🏒
Tornare a casa è stato un incubo. In Virginia piove a dirotto da settimane e gli aerei non atterrano in tutta la regione.
Mi ci sono volute sei ore per arrivare in città dall'aeroporto più vicino, in un altro stato.
Quando arrivo sotto casa la pioggia ha smesso di scendere a secchiate e si è calmata un po'.
Parcheggio la macchina che ho affittato all'aeroporto nel garage del palazzo. Però, quando scendo dall'auto, rimango sorpreso.
-Che ci fai qui? – chiedo.
-Le mancavi, piange da due giorni. – risponde Scarlett.
Coco corre verso di me ed io subito la afferro e me la porto al petto. – Sei mancata anche tu al papà. – dico mentre lei si divincola felice tra le mie braccia.
-Bene, lascio le sue cosa da te e poi me ne vado prima che torni il diluvio. – replica la ragazza iniziando a prendere le cose dal bagagliaio della sua auto. – Tu non hai idea del casino che c'è stato in questi giorni! Stavo seriamente pensando di dover costruire una nuova Arca. –
Le miei gambe si muovono da sole. Mi avvicino a lei, con un tamburo al posto del cuore. Circondo quel suo piccolo corpo con le braccia.
La sento irrigidirsi. – Tho... -
-Grazie per aver badato a Coco. – dico sciogliendo quell'abbraccio troppo presto.
"Mi sei mancata" penso, ma non lo dico. Ci sono cose che devono ancora rimanere un pensiero.
Le guance le si tingono di rosso. – Di-di nulla –
Ci incamminiamo verso gli ascensori che portano agli appartamenti ma decidiamo di prendere le scale, con quel tempo avremmo rischiato di rimanere intrappolati mentre salivamo.
Mentre ci facciamo sei piani a piedi ci raccontiamo le cose successe in quelle settimane.
-Quel maglione è davvero brutto. – afferma lei.
-Te l'ho detto. Quello che le ho regalato io è anche peggio. – dico per poi mostrarle la foto di me e Lea con indosso i nostri regali.
Lei scoppia a ridere. – Questa è pura cattiveria, sono orribili. –
-Lo so, ma sono divertenti. – quello di Lea è verde e raffigura una renna, disegnata malissimo, con degli occhiali da sole ed un meccanismo che faceva illuminare il nasone rosso. – Però sono bellissimo anche così. –
Sento Scarlet trattenere il fiato. La guardo con la coda dell'occhio. Guarda dritta di fronte a se senza voltare lo sguardo. Non mi guarda. Anzi, non penso abbia mai alzato lo sguardo su di me da quando ci siamo incontrati dopo tutti quei giorni.
Sta per dire qualcosa ma cambio subito discorso. Non ho voglia di metterla in imbarazzo. Non voglio si senta così con me.
-Da te come è andata? –
Alza le spalle. – Non amo molto andare dai miei parenti. –
-Perché? – chiedo mentre saliamo le scale che ci portano al quarto piano.
-Le somiglio troppo. – risponde secca.
Inizio ad avere il sospetto di star toccando un argomento delicato. – Chi? –
Me la sto rischiando molto con quelle domande. Ho paura che non mi risponda. Invece: - Mia madre. –
Decido di non indagare oltre notando la sua espressione triste.
Poso la valigia e mi sgranchisco la schiena. – Finalmente! Quelle scale erano infinite. – poi mi rivolgo a Scarlet. – Vuoi qualcosa da bere? Ho dell'acqua. –
Lei scuote la testa. – No, grazie. Ti ho comprato qualcosa da mangiare come mi avevi chiesto. –
In effetti, quando apro il frigo, trovo un bel po di cibo dentro. – Grazie mille. Quanto ti devo? – Mi dice la cifra ed io le ridò i soldi che aveva speso per me.
-Dovrebbe bastare a sfamare un esercito. - mi fece un rapido saluto. – Scappo prima che torni la pioggia. –
Ma l'universo non le è favorevole visto che sentiamo un tuono, che romba così forte da far tremare la terra.
Segue un lampo abbagliante.
Poi, per non farsi mancare nulla, salta la luce.
-Ma scherziamo!? – la sento imprecare nel buio.
Vedo la sua sagoma illuminata dalla luce dei lampi fuori casa.
La pioggia è tronata a scendere a fiumi.
-Spero di avere l'ombrello in macchina. – dice posando la mano sulla maniglia.
-Che fai? –
-Vado a casa? – risponde corrugando la fronte.
-Non andrai a casa sotto il diluvio. – affermo con convinzione.
-E che dovrei fare, aspettare che smetta per poi uscire? Aspettare qui? Thomas sono le sette di sera, siamo entrambi stanchi, tu ti sei appena subito il peggior viaggio di ritorno di sempre. –
La guardo dritta negli occhi. Sono di un marrone caldo, pozze infinite dove potrei facilmente perdermi. O forse, già è successo. – Non mi importa, non voglio che guidi fino a casa tua con questo tempo, rischi di fare un'incidente. –
-E allora che dovrei fare? – chiede di nuovo.
-Resta qui. –
-Thomas, ti vorrai sicuramente riposare, ti darei solo fastidio. – tenta di dissuadermi. Tentativo vano.
-Non mi dai mai fastidio. Domani, se non piove, potrai andare. Guidare con questa pioggia è pericoloso. E' buio, per di più, e non c'è illuminazione. –
Sta per ribattere. – Non accetto repliche. –
Voleva continuare a discutere su questa cosa, lo vedo chiaramente, ma capisce che non si può trattare con un testardo come me. Sospira, sconfitta. – Va bene. Quindi dovrei passare la notte qui? –
-Esatto. – annuisco.
-Non ho il pigiama. – mi fa notare.
-Ti presto una felpa e dei pantaloni. –
-Neanche uno spazzolino. -
-Ne ho qualcuno sigillato dentro al cassetto in bagno. – risolto anche quello.
-Dove dovrei dormire? –
-In camera mia, quella di Adam è vuota. – quel bastardo aveva lasciato solo una misera scrivania e la rete del letto con il suo materasso spoglio. – Poi, lì fa troppo freddo ora che è deserta. –
-Non posso rubarti il letto! –
"Potresti rubarmi tutto ciò che vuoi ed io non mi lamenterei" penso, invece dico: - Non mi importa, dormi tu lì, io starò da Adam. –
Fine della discussione.
-Hai fame? Sta sera si mangia a lume di candela, o torcia elettrica. – dico dirigendomi in cucina con lo stomaco che brontola.
Scarlet esita, sospira, poi mi segue. – Che propone lo chef oggi? -

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Lux University
RomanceHockey romance Ero proibita per i ragazzi della squadra di hockey della Lux. Allora, perché lui non voleva lasciarmi stare. Ed ora la mia migliore amica lo aveva fatto diventare il mio baby sitter. Scarlett è la figlia dell'allenatore della squadra...