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Thomas.



-Sei sicuro? Non sarebbe come prendere in giro tuo fratello? – chiede Scarlett dal posto del guidatore mentre sfrecciamo tra le strade.

-Non ti devi preoccupare, si dimenticherà di questa storia non appena tornerà in caserma. – rispondo mentre guardo fuori dal finestrino.

Siamo in viaggio da poco più di venti minuti e già mi sono stancato di stare seduto.

Guardo le macchine che ci passano a fianco, il marciapiede illuminato dai lampioni che nel giro di pochi minuti si sarebbero spenti. C'è poca gente per strada, anzi, quasi nessuno.

Sono appena le cinque del mattino ma sembra notte fonda.

Avevamo deciso di partire presto per arrivare il prima possibile a New York dalla Virginia.

-In caserma? E' un militare? – domanda Scarlett con lo sguardo fisso sulla strada.

Annuisco. – Si, ha sempre sognato farlo. –

-E tu? –

Mi volto a guardarla con le sopracciglia corrugate. – Io, cosa? –

-Che sogni di fare? Il giocatore di hockey? – chiede in tono stranamente serio.

-No, ho deciso di seguire le orme di mia madre e diventare uno psicologo. – affermo.

In verità è un ambito che mi ha sempre affascinato.

-Fico. – è la sua risposta.

Mi spunta un leggero sorriso mentre torno a guardare fuori. – Non sei molto loquace la mattina presto. –

-In questo momento vorrei essere nel mio letto a dormire fino alle due del pomeriggio. –

Non la biasimo per niente. Ci siamo dovuti alzare ad un orario che non pensavo esistesse.



Apro gli occhi con il sole che mi colpisce dritto in volto.

-Buongiorno, principessa! – urla qualcuno in tono entusiasta.

-Puoi non urlare? – domando mentre mi stiracchio le braccia per quanto il tettuccio della macchina mi possa permettere.

Scarlet apre la portiera di dietro e fa scendere Coco.

-Perché ci siamo fermati? – chiedo guardando fuori. Siamo in un parcheggio di un autogrill sull'autostrada.

-Perché è ora di pranzo e ho fame. – dice aprendo anche la mia portiera. – E anche tu, visto che ti brontolava lo stomaco poco prima che ti addormentassi. –

Sento le guance arrossarsi. – Quanto ho dormito? – chiedo mentre scendo dalla macchina.

Finalmente!

Sole. Aria fresca. Posso muovermi!

Sembrava di essere in una prigione!

-Circa mezz'ora. – risponde lei mentre inizia a dirigersi verso il... McDonalds? C'è un Mc in mezzo all'autostrada? Sono anni che non faccio questa strada per andare a trovare i miei, eppure non l'avevo mai notato.

-Attento al braccio! –

-Tu non lasciare andare la porta senza dirmelo! –

Scarlett sbuffa e si dirige verso i totem per ordinare.

Dopo aver effettuato l'ordine lei mi porge dei soldi insieme allo scontrino. – Ti aspetto al tavolo. – dice indicando un tavolino libero.

Non discuto. Pago e, quando è pronto il nostro ordine, porto il vassoio al tavolo.

Appena addenta il suo panino, gli occhi color ambra di Scarlett si illuminano. – Oddio, stavo morendo di fame! –

Coco inizia a saltellare vicino a lei alla ricerca di cibo.

Per fortuna ho a portata di mano un po' dei suoi croccantini preferiti dentro un contenitore di plastica. – Tu mangia questi, il cibo del Mc ti fa male. – dico posando a terra il contenitore.

-Comunque, ancora non mi hai parlato di tuo fratello. – mi incita Scarlett tra un boccone e l'altro.

-Che dovrei dirti? – rispondo continuando a mangiare.

-Che tipo è, sai, nozioni generali. –

Alzo le spalle. – E' un tipo normale, nulla di che. –

Lei mi guarda alzando gli occhi al cielo. – Andiamo, non puoi descriverlo solo così. –

-Perché, no? –

-Perché è tuo fratello?- ipotizza lei.

Ingoio l'ultimo boccone del panino. – Okay, vediamo... E' uno molto diligente e fissato con le regole. E' irritante. –

-Davvero? – sembra molto sorpresa. – Non lo facevo un tipo serio. Al telefono non era così rigido. –

Sbuffo una risata. – Perché non ci hai vissuto insieme per sedici anni. –

-Non sapevo avessi un fratello maggiore. –

Alzo le spalle. – Non è rilevante. -

-Lo dici tu. -

-E' andato via di casa appena compiuti diciotto anni per arruolarsi nell'esercito. – le dico. – Sia io che lui torniamo a casa pochissime volte. Il suo lavoro lo porta a stare mesi senza dare sue notizie, quindi non abbiamo chissà quale rapporto. –

Scarlett non mi stava più guardando in faccia. – Mi dispiace. –

Scrollo le spalle. – Non esserlo. Ha scelto questa vita, e a me va bene così. –

Il resto del pranzo lo passiamo parlando principalmente di scuola e della squadra.

-Okay, pronto per l'ultima ora di viaggio? – chiedo a Scarlet.

Lei sospira. – Tanto guido io. – dice lanciando in aria le chiavi e riprendendole al volo mentre ci dirigiamo alla macchina.  

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