15. 𝔐𝔦𝔯𝔢𝔶𝔞

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Il dolore era ovunque.

Non riuscivo a respirare, il petto si alzava e abbassava in piccoli spasmi dolorosi. La ferita bruciava come fuoco vivo, eppure il mio corpo iniziava a intorpidirsi, come se stesse lentamente abbandonando la lotta.

Non... Non poteva essere la fine.

La nausea mi assalì all'improvviso, un'ondata violenta che mi fece girare la testa. La mia vista si appannava, macchie scure si insinuavano ai margini della mia percezione. Provai a sollevare una mano, ma era pesante, come se non fosse più mia. Poi lo vidi.

Cayden.

Il suo volto apparve sopra di me, sfocato e indistinto. Strizzai gli occhi, cercando di metterlo a fuoco. I suoi capelli erano disordinati, una cascata di ciocche nere spettinate che ricadevano sulla fronte sudata. Il suo viso, sempre così freddo, così impassibile, era ora segnato dall'ansia. E i suoi occhi... quegli occhi scuri e impenetrabili, ora erano colmi di una paura palpabile.

Mi stava chiamando. La sua voce era un'eco lontana, come se provenisse da un altro mondo.

«Mireya, stai con me! Stai con me, dannazione!»

Sbattei le palpebre, cercando di rispondere, ma un gemito soffocato fu tutto ciò che riuscii a emettere. Il respiro era corto, affannoso, come se stessi annegando nell'aria stessa.

No. No, non potevo morire.

Stringendo i denti, abbassai lo sguardo verso le mie mani. Erano coperte di sangue. Il mio sangue. La vista mi fece girare la testa, un'ondata di vertigine mi fece quasi svenire. Il mio cuore martellava impazzito, come se volesse uscire dal petto.

Dovevo resistere.

Non potevo finire così. Non qui. Non ora.

Ma il mio corpo non voleva più rispondere. Mi sentii scivolare, come se stessi cadendo in un abisso senza fondo. Cayden era ancora lì, potevo sentirlo, ma la sua voce diventava sempre più lontana.

Poi tutto svanì.

Niente più dolore. Niente più suoni.

Solo il buio.

Un suono dolce, familiare, riecheggiò nell'oscurità.

«Mireya, vuoi sentirne un'altra?»

Aprii gli occhi.

Non ero più nella caverna.

Ero in una stanza calda e accogliente, le pareti tappezzate di libri e stoffe colorate. Il fuoco scoppiettava nel camino, gettando bagliori danzanti sulle pareti di pietra. Di fronte a me c'erano due figure, sedute su cuscini morbidi. I miei genitori.

Mia madre mi guardava con un sorriso dolce, i suoi occhi caldi e luminosi come sempre. Mio padre, accanto a lei, mi accarezzava i capelli con delicatezza.

«Ancora una storia?» chiese ridendo.

Annuii entusiasta, stringendo le mani in grembo. Avevo le gambe incrociate sul tappeto, il cuore leggero come una piuma.

«Raccontatemi ancora del mondo esterno!» chiesi con eccitazione.

Mia madre rise, gettando uno sguardo divertito a mio padre. «Oh, piccola mia, c'è così tanto là fuori che non basterebbe una vita intera per raccontartelo.»

«Ma voglio sapere tutto!» protestai, agitando le mani. «I deserti! Il mare! Il cielo aperto!»

Mio padre sorrise, la voce profonda e rassicurante. «Ci sono deserti così vasti che si estendono per giorni e giorni, senza una fine visibile. E poi c'è il mare... una distesa d'acqua salata così grande che sembra non avere confini.»

The prince of shadows: A light in the dark Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora