The prince of shadows: A light in the dark

12. 𝔐𝔦𝔯𝔢𝔶𝔞

"Il primo passo nel caos"

L'umiliazione è una bestia strana. È subdola, ti si insinua sotto la pelle, ti lascia un segno che brucia più di una ferita aperta. Ho vissuto molte umiliazioni nella mia vita, di quelle che ti fanno mordere la lingua per trattenere le lacrime, ma la sera precedente... la sera precedente era stata diversa. Era stato un misto di vergogna e... qualcosa di completamente nuovo. Qualcosa che mi stringeva lo stomaco e mi faceva sentire... fottuta. Sì, non c'era modo più elegante per dirlo: ero fottuta.

Cayden aveva questo effetto su di me. E odiavo ammetterlo, persino a me stessa. Nessuno mi aveva mai costretto a fare cose così... sciocche, imbarazzanti, impensabili. Come quella scena sul tappeto. Mi tornò in mente il modo in cui mi aveva guardata, con quel mezzo sorriso sfacciato e gli occhi che sembravano leggermi dentro, e non riuscii a trattenere un gemito di frustrazione. "Devo smetterla di pensarci."

Ma il destino, come al solito, aveva altri piani per me.

Harven ci aveva trascinati fuori dalla sicurezza del nascondiglio, portandoci nella Foresta di Ombrafungo. L'aria era fresca e umida, e un profumo di muschio e funghi invase le mie narici. Attorno a noi, la luce dei Luminari di tutti i tipi filtrava appena tra i rami intrecciati degli alberi, creando giochi di ombre surreali che danzavano sul terreno. Era il luogo perfetto per sentirsi insignificanti.

Harven si fermò al centro di una radura, battendo le mani per attirare la nostra attenzione.
«Bene, miei piccoli pezzenti, benvenuti all'inizio della vostra fine!» esordì con il suo solito entusiasmo sfacciato.

Io e Cayden ci scambiammo un'occhiata, o meglio, io cercai di farlo. Lui mi stava già fissando, e il mio cuore decise che era un ottimo momento per accelerare. Distolsi subito lo sguardo, il viso in fiamme. "Perfetto," pensai con sarcasmo, "adesso anche il mio corpo ha deciso di sabotarmi."

Harven, ignaro della mia battaglia interiore, continuò il suo discorso.
«Oggi inizierete a toccare i vostri poteri. E, per vostra sfortuna, essere le reincarnazioni non vi rende speciali. Anzi, rende tutto dieci volte più difficile. Mireya,» si girò verso di me con un sorriso che non prometteva nulla di buono, «se non impari a controllare la tua luce, finirai per bruciarti viva. Letteralmente. E Cayden, beh...» fece una pausa drammatica, lanciando un'occhiata al ragazzo viziato accanto a me. «Le ombre ti trascineranno in un abisso di terrore e dolore così profondo che implorerai di non essere mai nato.»

Cayden sollevò un sopracciglio.
«Incoraggiante. Davvero, Harven, il tuo ottimismo mi scalda il cuore.»

«Oh, ma non è finita!» ribatté Harven, ignorando il sarcasmo. «Non siete nemmeno vicini al vero inferno. Ma tranquilli, sono qui per voi.» Si mise una mano sul petto con un'espressione teatrale, come se fosse il nostro salvatore. «Anche se, detto tra noi, siete pezzenti disastrosi.»

«Pezzenti disastrosi?» ripeté Cayden con un sorriso storto. «Hai proprio un talento nel motivare le persone, Harven. Mai pensato di fare il maestro di vita?»

Io avrei voluto ridere, ma ero troppo occupata a cercare di non pensare a quanto fosse bello Cayden anche quando faceva lo spiritoso.

Harven alzò una mano per zittirci.
«Ora basta chiacchiere. Vi mostrerò di cosa è capace un vero Elythiano.»

Chiuse gli occhi, e l'atmosfera cambiò. Le ombre intorno a lui si mossero, come se avessero preso vita. Si allungarono, si contorsero, strisciarono sul terreno come serpenti famelici. Poi si sollevarono, formando un muro nero che sembrava inghiottire la luce. Harven lo manipolava con facilità, creando lame affilate, tentacoli minacciosi e persino un'enorme mano d'ombra che si chiuse in un pugno prima di dissolversi.

Era ipnotico. Spaventoso, ma ipnotico.

«Ora immaginate tutto questo,» disse Harven, «ma cento volte più potente, e centomila volte più difficile da controllare. Ecco cosa vi aspetta, cari miei. Buona fortuna.»