Prologo

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Zahara's pov
Il freddo nel palazzo abbandonato mi pizzicava la pelle. La torcia che stringevo tremolava leggermente mentre avanzavo tra le macerie e i graffiti che coprivano i muri. Ogni passo scricchiolava sotto i miei stivali, ma la tensione mi rendeva attenta a ogni suono intorno a me.
Ero sola, come sempre. Da quando avevo accettato di indagare su questi "giochi" per conto della NIS, mi era chiaro che non potevo fidarmi di nessuno. Persino i miei superiori erano restii a fornirmi dettagli. Tutto quello che avevo era un pugno di file confusi e una rabbia che mi divorava dall'interno.
Questo posto era stato l'ultimo collegamento. Qui, probabilmente, avevano reclutato il mio ex ragazzo. Ed era anche il luogo in cui lui aveva perso la vita.
Mi fermai di colpo quando sentii un rumore dietro di me. Qualcuno era lì. Mi girai di scatto, la pistola già puntata.
"Fermati!" ordinai, con la voce più ferma possibile.
Un uomo emerse dall'ombra, alzando le mani. "Calma, calma," disse. "Non sono qui per farti del male."
Lo fissai. Capelli spettinati, giacca scura, sguardo attento ma esausto. Non era una minaccia immediata, ma non abbassai la guardia. "Chi sei?"
"Jun-ho," rispose. "E se dovessi indovinare, direi che stai cercando informazioni sui giochi, proprio come me."
Rimasi in silenzio per un momento, analizzando ogni sua parola. Era possibile? O era solo un diversivo? "E tu come fai a saperlo?"
Lui sorrise appena. "Perché è lo stesso motivo per cui sono qui."
Non mi fidavo. Ma qualcosa nei suoi occhi mi diceva che non stava mentendo. Non del tutto, almeno.
"Va bene," dissi infine, abbassando leggermente la pistola. "Ma se mi intralci, giuro che te ne pentirai."
Jun-ho sorrise di nuovo. "Prometto di non farlo."
Non mi piaceva quel sorriso. Né la sua calma. Ma non avevo scelta: se volevo scoprire la verità, dovevo accettare la sua presenza.
Aveva le mani sollevate, ma i suoi occhi si muovevano velocemente, come se stesse calcolando ogni mia mossa.
"Va bene, non sono qui per fermarti," disse di nuovo. "Ma devi abbassare quella pistola. Se qualcuno ci sente, potremmo essere nei guai entrambi."
Mi irritava che avesse ragione. Con riluttanza, abbassai l'arma, senza mai allontanare gli occhi da lui. "Che cosa sai di questi giochi?" chiesi.
Jun-ho incrociò le braccia, la sua espressione si fece più seria. "Abbastanza da sapere che se voglio scoprire la verità, non posso farlo da solo."
Non risposi subito. Mi stava chiedendo di collaborare? Non mi fidavo di lui, ma qualcosa nella sua voce tradiva un dolore simile al mio. Era chiaro che aveva un legame personale con questa storia.
"Non sono qui per fare squadra," risposi fredda.
Lui stava per rispondere, ma il rumore di passi e voci lontane ci fece irrigidire entrambi. Qualcuno stava arrivando.
"Nasconditi," sussurrò Jun-ho, afferrandomi per un braccio. Non ebbi il tempo di reagire: in un istante, Jun-ho mi afferrò e mi tirò verso di sé con forza, coprendomi la bocca con una mano.
Il mio istinto fu quello di divincolarmi, di afferrargli il polso e liberarmi dalla sua presa, ma lui mi strinse contro di sé, immobilizzandomi. "Stai zitta," sussurrò, la sua voce così vicina al mio orecchio che sentii il calore del suo respiro sulla pelle.
Non avevo scelta. I passi si avvicinavano sempre di più, accompagnati da voci basse e gutturali che non riuscivo a distinguere. Gli uomini in tuta rossa e maschere nere erano tornati, e la loro presenza rendeva l'aria ancora più gelida.
Jun-ho mi spinse delicatamente contro la parete, il suo corpo che copriva il mio per tenermi nascosta. Sentii il battito del suo cuore, forte e rapido, ma il suo viso rimase impassibile, concentrato. Il suo sguardo era fisso sul corridoio, osservando ogni movimento oltre l'angolo.
La mia mente urlava di reagire, di prendere il controllo, ma sapevo che qualsiasi suono o movimento avrebbe potuto tradirci. Restai immobile, ogni fibra del mio essere in tensione.
Quando gli uomini passarono a pochi metri da noi, trattenni il respiro. Potevo vedere uno di loro attraverso una piccola fessura tra le casse: portava una valigetta nera, e il simbolo del cerchio sulla sua maschera brillava sotto le luci fioche.
Uno di loro si fermò. Il mio corpo si irrigidì automaticamente, e Jun-ho se ne accorse. La sua mano premette leggermente di più sulla mia bocca, come per assicurarsi che non avrei fatto rumore. Lo odiavo per questo, ma al tempo stesso sentivo che non mi avrebbe lasciata esposta.
"Controlliamo qui?" chiese uno degli uomini, indicando il corridoio accanto al nostro.
"No," rispose un altro. "Abbiamo già verificato quest'area. Andiamo avanti."
Aspettammo in silenzio, immobili come statue, finché i passi non si allontanarono. Quando finalmente il corridoio tornò silenzioso, lui allentò la presa, ma non mi lasciò andare subito.
Mi girai lentamente verso di lui, sentendo la sua mano ancora vicino al mio viso. "Togliti," sibilai a denti stretti.
Lui obbedì, alzando entrambe le mani in segno di resa, ma il suo sorriso sprezzante non fece che aumentare la mia rabbia. "Ti ho appena salvata," disse sottovoce, con un tono che sembrava divertito.
"Non avevo bisogno del tuo aiuto," risposi, il mio tono carico di veleno.
Jun-ho incrociò le braccia, appoggiandosi leggermente al muro. "Davvero? Perché sembrava proprio che stessi per farci scoprire."
Feci un passo avanti, il mio viso a pochi centimetri dal suo. "Se mi tocchi di nuovo senza il mio permesso, ti giuro che non importa quanti uomini ci siano là fuori: sarai tu il primo a cadere."
Jun-ho mi guardò negli occhi, il suo sorriso svanito. Per un momento, sembrò quasi stesse cercando di capire fino a che punto stessi parlando sul serio. Poi annuì, come se avesse accettato la mia minaccia. "Capito, agente," disse, con un leggero accento ironico sulla parola.
Mi girai, pronta a lasciarlo lì, ma lui parlò di nuovo.
"Zahara," disse il mio nome come se lo stesse assaporando marcando ogni singola sillaba , fermandomi sul posto. "Se vuoi davvero arrivare alla verità, forse dovresti pensare di avere qualcuno che ti copra le spalle."
Non mi voltai. Non risposi. Ma mentre mi allontanavo nel buio del palazzo, non potevo ignorare il battito del cuore che mi martellava nelle orecchie. Non sapevo se fosse per lui o per il pericolo che ci circondava, ma una cosa era certa: Jun-ho era più pericoloso di quanto avessi immaginato.

Until the last moveWhere stories live. Discover now