6. 𝔐𝔦𝔯𝔢𝔶𝔞

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La stanza era immersa in una luce dorata, filtrata dalle gemme luminose che ornavano il soffitto.

Io ero sdraiata sul letto a pancia in giù, con la testa penzolante oltre il bordo e i capelli scuri che sfioravano il pavimento di marmo freddo. Mira, come al solito, non riusciva a stare ferma e continuava a camminare avanti e indietro, lanciandomi occhiate di tanto in tanto.

«Non ci credo, Mireya!»

esclamò con una certa esaltazione.

«Lo sapevo che eri speciale! Fin da piccola ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di diverso in te!»

Sollevai leggermente il capo, guardandola al contrario.

«Speciale?»

replicai con un tono di voce carico di sarcasmo.

«Io non ho chiesto a nessuno di essere speciale, Mira. Anzi, se vuoi il mio parere, mi sembra solo una grande, gigantesca maledizione.»

Lei scosse la testa, facendo tintinnare i lunghi orecchini.

«Sei sempre così negativa.»

Non risposi, limitandomi a sospirare mentre la piccola creatura luminosa che avevo evocato Solara continuava a fluttuarmi intorno.

I suoi movimenti erano così armoniosi che quasi mi dimenticavo di quanto fossi esausta.

A un certo punto si posò dolcemente sulla punta del mio naso, e io incrociai i suoi occhi luminosi.

«Ehi, piccola...»

mormorai dolcemente, lasciandomi sfuggire un mezzo sorriso.

«Tu sei davvero speciale, lo sai? Anzi, il più speciale di tutti... ma perché hai scelto proprio me?»

Solara emise un lieve bagliore, come se capisse le mie parole.

La osservai con un misto di tenerezza e incredulità.

Mira scoppiò a ridere.

«Non ti ho mai vista così carina con qualcuno... o qualcosa. Sei dolcissima quando parli con Solara!»

Mi alzai leggermente sul gomito, fulminandola con lo sguardo.

«Non contarci troppo, Mira. È un'eccezione, chiaro?»

Stava per rispondermi, ma un improvviso bussare alla porta la interruppe.

Mira si avvicinò con un'espressione curiosa, spalancandola senza pensarci due volte.

La figura di Cayden si stagliò sulla soglia.

La sua espressione era, al solito, indecifrabile, ma i suoi occhi scuri mi fissavano con un misto di perplessità e una scintilla che non riuscivo a decifrare.

Io, sempre a testa in giù, lo osservai per un attimo, cercando di capire se fossi davvero sveglia o ancora bloccata in uno dei miei sogni assurdi.

Poi sbottai:

«Che hai da guardare?»

Lui alzò un sopracciglio, le braccia incrociate sul petto.

«È una posizione abbastanza... singolare.»

Mi sollevai appena, raddrizzandomi quel tanto che bastava per lanciargli un'occhiata tagliente.

«E tu saresti venuto qui solo per commentare come mi sdraio sul letto?»

«No.»

Il tono della sua voce era freddo, quasi indifferente.

«Sono qui per ordini del re.»

The prince of shadows: A light in the dark Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora