Sette - Supposizioni quasi azzeccate

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La luce del sole filtrava con energia nella stanza, arrivandomi dritta dritta in faccia. Sbattei più volte le palpebre anche se esse erano troppo pesanti per tenerle aperte. No, non potevo farcela. Sbuffai e allargai le braccia per tastare la superficie del comodino di Louis alla ricerca del mio cellulare, ma affianco a me non c'era né un telefono né un comodino. Eppure ricordavo che ci fosse. Aprii di scatto gli occhi, ritrovandomi delle lenzuola rosse, ispezionai la stanza, riconoscendo quella degli ospiti. A casa mia. Cosa ci facevo nella stanza degli ospiti a casa mia quando l'ultimo ricordo che avevo era ambientato nel salotto di Louis? Ma ancora più strano era: cosa ci facevo nella stanza degli ospiti a casa mia e inoltre utilizzata da Harry?

Guardai l'altro lato del letto matrimoniale, era disfatto, qualcuno ci aveva dormito. Dopodiché abbassai lo sguardo su quello che indossavo: una maglia bianca con la stampa di una marca comune. Stessa maglia che avevo visto Harry indossare in giro per casa. Oh mio dio. Non di nuovo, per l'amor del cielo. In un modo o nell'altro, dovevo sempre ritrovarmi nel letto di qualcun altro, con i loro vestiti e con la ovvia supposizione di averci copulato nella notte precedente. Sempre, si faceva per dire. Compleanno di una compagna di classe, mega festa, alcol a fiumi, bel ragazzo e le deduzioni sono facili. Di certo non era una storiella che avrei raccontato un giorno ai miei nipotini.

Mi alzai con mille domande in testa che aspettavano non pazientemente di ricevere risposte. Scesi al piano inferiore, dove trovai a mia sorpresa Harry, Niall e Louis mentre mangiavano pancakes in tutta tranquillità.

«Buongiorno?» dissi/chiesi allarmata, la confusione nella mia testa si intensificava secondo dopo secondo.

«Ecco la bella addormentata» esclamò Louis, facendomi segno di venire a sedersi nella sedia accanto a lui. Così feci, con un cipiglio stampato in faccia.

«Lou ha detto che vi siete divertiti ieri sera» parlò Niall, per poi tagliare un pezzo di pancake e mangiarlo.

«Sì? – guardai il mio amico spaventata, ma ricevetti un occhiolino – Sì.»

Harry in tutto questo mi guardava tra il divertito per il mio apparente stato confusionale, al infastidito, forse, ma di sicuro c'era qualcosa che non andava nel suo umore, oltre alle solite cose.

«Niall, ti va di andare in sala a guardarti i cartoni? Puoi portarti la colazione dietro» proposi a mio fratello. Lui sbuffò e prese il suo piatto, scendendo dalla sedia alta.
«Uffa, mi escludete sempre quando ci sono le conversazioni interessanti» commentò, sbattendo un po' i piedi sul parquet. Quando lo vidi accendere la televisione e accomodarsi sul divano, mi riconcentrai su loro due.

«Ho un vuoto di memoria di almeno dieci ore. Siete pregati di colmarlo.»

Harry fece un segno a Louis, indicandogli di iniziare prima lui, dopodiché si appoggiò al tavolo a braccia conserte. Mi voltai verso di Louis per fare attenzione a quello che mi avrebbe detto, sperando che anche lui si ricordasse qualcosa.

«Diciamo che abbiamo fatto la leggera stronzata di bere alcol mentre fumavamo. Vediamo, abbiamo quasi appiccato un incendio in sala, credo, ma quando sono sceso stamattina l'angolo del tappeto era bruciato e c'erano dei cereali seccati sparsi sopra. Non ho idea di come sia successo, so solo che quel tappeto deve sparire prima che torni mia madre. Poi, vediamo, non ricordo molto, solo che mi sono addormentato sopra di te e che quando mi sono svegliato stamattina tu non c'eri, anche se tutte le tue cose erano lì. Ho creduto chissà cosa, visto che neanche il telefono e le scarpe ti eri portata dietro. Ho chiamato subito Harry dal tuo cellulare e mi ha detto che eri a casa tua. Così sono venuto qui per assicurarmi che stessi bene.»

«Mi hai chiamato nel bel mezzo della notte, completamente fatta, così sono venuto a prenderti all'istante per portarti a casa prima che facessi ulteriori casini» si aggiunse Harry.

Mi appoggiai con i gomiti al tavolo e mi coprii la faccia con le mani. Ciononostante mi sembrava irreale, ricordavo poco e niente.

«Come ci sono finita nel tuo letto e con i tuoi vestiti?» domandai, insicura.

Louis fece un piccolo ghigno, parlando subito dopo di me e con un tono da "io so quello che avete fatto, birichini". «Già, Harry, come ci è finita nel tuo letto e con i tuoi vestiti?»

Harry, in tutta risposta, ci guardò malissimo. «Quando siamo tornati a casa, ti ho accompagnata subito a letto, lì mi hai chiesto un bicchiere d'acqua, così sono sceso e te l'ho preso. Una volta tornato su, te lo sei praticamente rovesciata addosso e sul letto. E dato che non avevo la più pallida idea di dove cercare un pigiama sostitutivo e delle lenzuola pulite in camera tua, ho risolto la cosa facendoti dormire da me e con il mio pigiama. Io ho preso e sono sceso a dormire sul divano. Semplice.»

Aveva senso. «Peccato» commentò Louis, poi prese a disordinarmi i capelli. «Almeno per una volta sei finita nel letto di un ragazzo senza averci scopato.»

Fu il mio turno di guardarlo male, se c'era una cosa in cui Louis era un talento naturale, quella era dire cose inappropriate nei momenti peggiori. Fatto stava che non potevo evitare di ridacchiare internamente. Dopotutto aveva ragione, circa.

Louis si alzò e prese il suo piatto, riponendolo poi nel lavello della cucina. «Harry, grazie tante per i buonissimi pancakes.»

«Ti fermi per pranzo?» chiese lui.
Io stetti a guardarli, pareva che a Harry andasse a genio il mio amico, e questo, in qualche strano modo, mi rendeva più tranquilla. Sprigionava in me un leggero ma caloroso senso di accettazione.

«Mi tocca rifiutare, ho una casa da sistemare da cima a fondo. Però vi propongo io qualcosa: vi andrebbe di andare tutti insieme al Luna Park stasera?»

Vidi con la coda dell'occhio Harry girarsi subito verso di me, come se stesse cercando una mia approvazione. Sorrisi leggermente e poi ricambiai lo sguardo. Mi piaceva il comportamento che stava adottando quel mattino, sembrava sincero e non magari montato per fare una bella impressione agli occhi del mio amico. Forse non era poi così tanto infame. «Per me è una grande idea.»

«Sono d'accordo» commentò il babysitter.

«Okay, grandioso, allora ci vediamo là per le nove» si abbassò velocemente, lasciandomi un bacio sulla fronte e fece un cenno di saluto ad Harry, che subito ricambiò. In pochi secondi Louis uscì dalla porta principale di casa, lasciandoci.

Calò un breve silenzio, dove mi tenni occupata per prepararmi una dose massiccia di caffè, ne avevo decisamente bisogno. Harry tornò in cucina con il piatto di Niall e il suo e iniziò a lavarli.

Mi soffermai sul suo profilo e la sua espressione concentrata. «Grazie per quello che hai fatto» affermai, sorseggiando il caffè.

Harry rimase impassibile per qualche manciata di secondi. Mi domandai perché ogni volta facesse così. Occupava quel tempo prima di reagire per pensare, riflettere e ponderare le parole della risposta? Non lo sapevo, ma potevo affermare con certezza che non avevo mai incontrato una persona più riflessiva e riservata di Harry. E forse mi piacevano queste sue caratteristiche, potevo imparare a conviverci per il periodo che sarebbe rimasto con noi.

«Arabella, io non sono qua solo per Niall, ma anche per te» e in qualche modo, la frase uscì con un suono diverso da quello di una persona che lavorava per noi, ma con quello di parole a cui era stato attribuito un significato più importante.

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