Capitolo 4

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Rientrai nella stanza con il capo chino e la coda tra le gambe. Non mi ero mai sentita così a disagio in vita mia.

Ferraro mi scrutava attento, forse perché la storia del non sentirmi bene se l'era bevuta realmente, ma ero talmente imbarazzata, che non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi.

Mi accomodai di nuovo sulla sedia, muta come un pesce e con lo sguardo fisso sulle scarpe, ma avvertivo una forte pressione psicologica addosso, sentivo i suoi occhi incollati su di me, che studiavano attentamente ogni mia mossa.

- Si sente meglio adesso?- chiese lui premuroso.

Alzai lo sguardo e lo vidi sorridere cordialmente e cavolo, per poco non svenivo per quanto era bello, ma decisi di evitare qualsiasi pensiero relativo al suo aspetto, onde evitare di ricadere nella situazione di prima.

Annuii meccanicamente e mi risistemai meglio sul mio posto.

Mi sentivo la gola secca, mentre le mie mani iniziarono a sudare a causa del nervosismo e Ferraro in versione psicanalista, che mi scrutava vigile con una faccia per nulla convinta, non mi aiutava affatto.

- E' un po' pallida...- constatò lui, osservandomi attentamente - Sicura di stare meglio? Prima mi era sembrata...- s'interruppe lui pensieroso, senza distogliere lo sguardo da me.

Un moto di panico mi assalì e mi attanagliò lo stomaco.

Che avesse capito che io...?

- Le ero sembrata...?- ripetei io con un'evidente nota di nervosismo nella voce.

- Non so...più...- continuò lui, socchiudendo gli occhi e grattandosi il mento, assumendo un'espressione pensierosa.

Deglutii agitata.

- Più...?- lo incitai io ansiosa.

Ero terrorizzata dalla sua risposta; già mi immaginavo scenari del tipo: io che cambiavo città, o addirittura stato e stavo già passando in rassegna tutte le possibili università con una buona facoltà di giurisprudenza, che avrebbero potuto accogliermi.

Lui sembrava godere nel vedermi così impaziente, tanto è vero che si prese ancora una manciata di minuti prima di rispondermi, solo per il gusto di vedermi soffrire in preda all'ansia.

- Accaldata...- concluse finalmente lui, con un tono di voce basso e con lo sguardo contornato da una punta di malizia.

Sbiancai totalmente e fui tentata dal fuggire da quella stanza e scappare per sempre e non tornare più, ma lui continuava ad osservarmi con quell'aria maliziosa, facendo aumentare la mia sudorazione a dismisura, nonché la mia agitazione.

Ma perché era così stronzo? Perché doveva infierire sempre?

- A che cosa stava pensando, Alessandra?- chiese lui sensuale, senza distogliere l'attenzione da me, mentre un ghigno divertito iniziò a formarsi sul suo volto.

Ma perché il mio nome pronunciato da lui sembrava una parola sconcia?

Iniziai a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua e a guardarmi intorno spaesata.

Avevo la gola secca; la saliva era scomparsa ed il cervello completamente annebbiato e non ero neanche in grado di ricordarmi il mio nome in quel momento, tanta era la pressione psicologica alla quale quel bastardo mi stava sottoponendo.

- A...- provai a dire io con un filo di voce , ma le parole mi morirono in gola.

- A...?- sussurrò lui ed era palese il divertimento che stava provando e non mi sarei stupita se, da lì a poco, mi fosse scoppiato a ridere in faccia.

Deontologicamente scorretto [#Wattys 2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora