Quando mi feci più grande, me la fece analizzare, ovviamente con il suo supporto tecnico, perché lui diceva sempre che ogni persona, prima di tutto, era un cittadino ed ogni cittadino aveva il dovere di conoscere i suoi diritti e le sue libertà, perché solo con la conoscenza si potevano combattere i soprusi, gli abusi e le dittature, solo con la consapevolezza dell'inviolabilità di quello che si possedeva, si poteva riconoscere e ci si poteva ribellare alle ingiustizie.

Ed io, grazie alle sue lezioni gratuite, ai principi ed ai valori che lui mi aveva insegnato, che altri non erano se gli stessi previsti dalla nostra carta costituzionale, mi innamorai del diritto, della giurisprudenza e della legge.

Paradossalmente mi fu più difficile scegliere il liceo, che l'università, perché se a dodici anni mi si chiedeva che cosa avrei voluto fare nella vita, io rispondevo l'avvocato, ricevendo occhiate piene di orgoglio di mio padre, ma se mi si chiedeva che liceo avrei voluto frequentare, io rispondevo: "Quello dove non si va il sabato a scuola!"

Se solo sapesse, il mio papà, che la sua figlioletta aveva deciso di intraprendere la carriera avversa alla sua, che avessi deciso di diventare pubblico ministero (per intenderci, il magistrato requirente, ossia organo dell'accusa, parte opposta alla difesa, rappresentata dall'avvocato), probabilmente mi avrebbe risposto: " Stai dalla parte dei cattivi!"

Per questo ero così determinata, per questo ero così ostinata a raggiungere il mio obiettivo, non di certo per fare contento mio padre, che, ahimè, non c'era neanche più, perché non volevo laurearmi in giurisprudenza per lui, io mi volevo laureare con lui.

Dopo la morte dei miei genitori, fui affidata ai miei zii, Bianca e Armando, i quali però, per ragioni lavorative, furono costretti a trasferirsi a Firenze ed io, ovviamente, andai con loro.

Compiuti i diciotto anni, decisi di tornare qui, a Napoli, nella mia città natale, per iscrivermi alla Federico II, stessa università di mio padre e nonostante fosse una scelta difficile, perché sarei dovuta diventare autonoma ed indipendente, sentivo che fosse quello il mio posto e che valesse la pena rischiare.

Mi trasferii nella vecchia casa dove abitavo con i miei, casa di cui ero diventata la legittima proprietaria e nonostante l'iniziale difficoltà nell'abituarmi a stare senza gli zii, ma soprattutto, nello stare nella stessa casa in cui i miei defunti genitori mi avevano cresciuta, riuscii a cavarmela e questo anche grazie a Flaminia.

Studente fuori sede, iscritta ad ingegneria biomedica, le affittai una stanza, un po' per avere compagnia e non restare sola tutto il tempo ed un po' per bisogno di soldi, perché la somma che gli zii mi mandavano mensilmente non bastava e non volevo pesargli troppo.

Conosciute per pura fatalità, poiché lesse un annuncio sulla bacheca della mia sede, trovandosi lì per caso, accompagnando una sua amica a fare l'iscrizione, io e lei eravamo entrate subito in sintonia, creando un rapporto quasi fraterno.

Sorrisi al ricordo e mi ripresi dai miei pensieri proprio grazie a lei, che mi avvertiva che la cena era pronta.

Trascorsi la serata sul divano con Flaminia, all'insegna delle serie televisive ed ero del tutto intenzionata a rilassarmi ed a pensare in positivo.

Come è che dicevano? L'ottimismo è il profumo della vita!

Decisi di adottare, almeno per quella sera, quella filosofia; pensai che tutto sommato non era detto che sarei capitata con lui, che in ogni caso avevo studiato ed anche se fossi capitata con lui, avevo un livello di preparazione tale da potermela cavare.

Mi misi a letto con uno spirito positivo e chiusi gli occhi, pensando che tutto sarebbe andato per il meglio e che non avevo nulla da temere.

Mai pensiero fu più sbagliato.

Deontologicamente scorretto [#Wattys 2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora