Capitolo 16

13 5 5
                                    

Il giorno successivo lo trascorro in uno stato pietoso. Appallottolata sul divano, in pigiama, guardo di continuo il telefono in attesa del messaggio in cui Diego dice di non voler più lavorare con me. Non arriva nulla, e non so se sia meglio o peggio. Silvia prova a consolarmi, ma poi capisce che è al di là delle sue possibilità e si arrende, forse anche perché si sente in colpa di avermi gasata così tanto per una cosa che non esisteva. Prima di andare a lavoro, però, si assicura di lasciarmi delle scorte, merendine e succhi di frutta che spera possano addolcirmi almeno un po' l'umore.

Nulla funziona, perché come se non bastasse il dolore per Diego, nelle ultime ore sono tornate a galla anche la tristezza e l'umiliazione per la scena di Capodanno con Marco, e ora su tutto domina la consapevolezza che non sono proprio tagliata per le relazioni. Forse si tratta di un difetto di fabbrica, ed è per questo che per gli altri queste cose sono banali e per me invece sembrano sempre ostacoli insormontabili. È stato così anche nel periodo dell'università: ho conosciuto diverse persone interessanti, con le quali mi sarebbe piaciuto costruire qualcosa, ma poi in un modo o nell'altro tutte si sono defilate dopo un caffè o una notte trascorsa insieme, che per me era stata gradevole e per loro evidentemente no.

Mi accascio sul divano, sentendo il peso della mia incapacità soffocare ogni anelito di gioia. E pensare che appena due giorni fa ero una persona energica, piena di speranze. Ora, neanche l'idea della prossima sessione di D&D riesce a risollevare il mio umore tetro.

Finisco a scrollare il feed di Instagram, una cosa che odio ma che purtroppo non riesco a evitare quando le mie energie sono così a terra. Intravedo foto di amiche con i loro fidanzati scattate in bellissimi paesaggi di montagna, in paesi stranieri, in riva al mare. Sembrano tutte in vacanza nello stesso momento e tutte irritantemente felici. E anche se so che Instagram è soprattutto finzione e che dietro quegli scatti ci sono giorni tristi, litigi e incomprensioni anche per loro, non riesco comunque a convincermi che la mia situazione non sia la più tragica.

Quando mi prende così, l'unica cosa che riesce a farmi stare meglio sono i racconti del nonno, la sua voce dolce che mi trasporta in un altro tempo e un'altra vita, dove i problemi sembravano sempre tutti più gestibili, più naturali. Quasi non mi accorgo che sto componendo il suo numero, e quando risponde con il suo solito: «La mia piccola scrittrice! Come stai?» mi è impossibile trattenere le lacrime.

«Tesoro, cosa c'è?» dice subito il nonno, preoccupato, e io ho la tentazione di raccontargli tutto, ma il nonno è di un'altra epoca e forse non capirebbe. Così, mi limito a dire che le cose a lavoro non stanno andando bene perché ho commesso un grosso errore.

«Vedrai, si sistemerà tutto» mi dice lui con la sua solita dolcezza. «A volte capita di sbagliare, ma poi l'importante è saper rimediare ai propri errori.»

«Lo so...» singhiozzo. «Ma come faccio?»

«Come hai fatto tutto il resto delle cose. Con coraggio.»

«E se non ne ho abbastanza?»

Nonno sbuffa e, anche a distanza, riesco a immaginarmelo mentre scrolla la testa. «Se tua nonna fosse qui, ora ti darebbe un bello scappellotto» dice bonariamente. «Certo che ne hai abbastanza, sei Alessandra, la nostra avventuriera preferita. Nulla ti spaventa.»

Sorrido a quelle parole, che mi trasportano indietro a un'epoca felice e semplice della mia vita. Quando ero piccola, i miei lavoravano entrambi e Nino frequentava il doposcuola. Io passavo i pomeriggi nell'orto dei nonni, arrampicandomi sugli alberi e sognando di essere una guerriera. Creavo arco e frecce con dei rami secchi e degli elastici e cacciavo nemici immaginari, e quando arrivava l'ora della merenda raccontavo ad entrambi tutte le avventure che avevo vissuto. Il nonno scrollava la testa proprio come fa ancora oggi, la nonna rideva e mi chiamava con quelle esatte parole, la nostra avventuriera preferita. Questo ricordo porta con sé tanta dolcezza, ma anche una punta di dolore. La nonna è stata la mia confidente, la mia amica per tutta l'infanzia; se fosse ancora qui potrei raccontarle quello che è successo con Diego e farmi dare dei consigli, ma purtroppo non è più possibile. Quando è morta si è lasciata dietro un vuoto che nessuno in famiglia, neanche mia madre, è stato in grado di colmare.

Amore a prima rigaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora