Per il resto della settimana, tra me e Diego si instaura una routine fatta di viaggi a Vinci, messaggi su Telegram e commenti alle rispettive pianificazioni su file condivisi. Non lo facevo un tipo tecnologico, eppure è stato lui a proporre di creare una cartella in cloud e di collaborare agli stessi file, così da sapere sempre cosa l'altro sta ideando. Avevo già sperimentato una cosa del genere con la mia editor, ma con un collega di scrittura è molto diverso. Soprattutto, è diverso farlo con Diego: dove io sono caotica, disordinata e abituata a riempire paginate di stimoli visivi e frasi sparse, lui è preciso e pignolo perfino nei commenti. Ieri, ad esempio, ha risposto a uno dei miei vaneggiamenti sull'ambientazione con un elenco puntato di osservazioni. Chi è che usa gli elenchi puntati nei commenti? Non che le osservazioni fossero assurde, anzi, avevano parecchio senso, ma resta assurdo che fossero inserite in quella forma.
Prendo posto sul treno e tiro fuori il cellulare per rileggere il suo commento, perché quando è arrivato, ieri sera, stavo guardando un film con Silvia e gli ho dedicato poca attenzione. La lista di punti che Diego mi ha lasciato ha lo scopo di suggerire - e che si tratti di un suggerimento è precisato con cura al principio - perché potrebbe non essere una buona idea per la nostra trama inserire certi avanzamenti tecnologici nella nostra ambientazione medievale; Diego cita perfino il mito di Prometeo e le sue declinazioni morali in un'opera di Levi che non conoscevo, a supporto della sua idea che troppa medicina potrebbe renderci la vita difficile in alcuni snodi della storia. Invece che offendermi per la sua ingerenza in un ambito che abbiamo stabilito dovesse essere il mio, mi scopro a sorridere per la cautela che traspare dalle sue parole, e di nuovo mi sorprendo che l'uomo dietro Diane Vane faccia citazioni così colte.
Lo rivedo, mentre mi chiede scusa sulla porta finestra con la bustina di straccetti in mano, e non posso che trovarlo dolce. Mi viene in mente che in casa sua dev'esserci un gatto, anche se non ho visto peli sui divani né ho sentito miagolii, ed è un'altra delle cose che lo riguardano che vorrei approfondire. Ho voglia di conoscerlo meglio, di scoprire che persona si nasconde dietro la ruvidezza dei primi giorni, il che è strano e divertente al contempo.
Lascio vagare lo sguardo fuori dal finestrino, il paesaggio toscano è ammantato da una nebbia opaca che impedisce di godere del rassicurante verde delle colline, e che incide pesantemente sul mio umore. Per fortuna il pensiero di Diego continua ad aleggiare nella mia mente e rende più tollerabile il viaggio, anche se devo ammettere che sta diventando complicato fare così spesso avanti e indietro: l'ora e passa di viaggio mette a dura prova la mia tolleranza dei luoghi chiusi e mi provoca un leggero ma insistente mal di testa che poi mi accompagna per i giorni successivi.
Non sono mai riuscita a risolvere questo problema della claustrofobia, che ormai mi porto dietro da più di quindici anni. Mia madre mi ha trascinata nello studio di diversi psicologi, ma nessuna delle terapie che ho seguito negli anni è riuscita ad alleviare gli effetti di quello che è stato definito un vero e proprio trauma infantile. Solo, a renderne più chiari i contorni e a definire qualche strategia di sopravvivenza: leggere o scrivere durante il viaggio è tra quelle che funzionano meglio.
Quando scendo a Vinci mi trovo a inspirare ed espirare profondamente diverse volte, come mi ha insegnato una delle terapeute più capaci e comprensive che ho conosciuto. Ho ancora un sordo ronzio alla testa e anche qui il paesaggio è soffocato dalla nebbia e non c'è via di fuga per lo sguardo, cosa che non aiuta certo a farlo passare. Raggiungo casa di Diego camminando piano, cercando di scorgere segni di umanità in mezzo al biancore spettrale. Per distrarmi dalla viva e spaventosa sensazione di camminare dentro un sogno, penso a modi carini per dire a Diego che forse dovremmo fare a turno, e ogni tanto dovrebbe essere lui a venire a Pisa, anche solo per una questione di equità.
Suono il campanello sentendo l'ansia montare per una discussione che non so ancora come affrontare. La sua accoglienza è meno sorridente dell'ultima volta, quando apre la porta ha lo sguardo stanco e il volto tirato. «Ciao, entra» mi dice, e invece che aspettarmi come le volte scorse rientra in casa aggiungendo: «chiudi tu, per favore.»

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Amore a prima riga
RomanceNUOVO CAPITOLO OGNI FINE SETTIMANA 🌷 Alessandra è un'appassionata di giochi di ruolo, una master e una nerd fino al midollo. La sua prima saga fantasy ha avuto un grande successo e mentre è ancora intenta a godersi il trionfo, il suo editore le fa...