𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 9

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𝙲𝚘𝚕𝚞𝚒 𝚌𝚑𝚎 𝚍𝚒𝚏𝚎𝚗𝚍𝚎 𝚒𝚕 𝚙𝚊𝚝𝚛𝚒𝚖𝚘𝚗𝚒𝚘.

ɪʀɪɴᴀ

13 ottobre 2012
Isola di Cillian,
Oceano Pacifico, giurisdizione USA
Ore: 20:06

La stanza di Tj era colma di giocattoli e lui dormiva con un sorriso ampio sulle labbra.

Al suo sesto compleanno, Edgar e i suoi genitori avevano dato al piccolo ogni sorta di robaccia che quel furbacchione aveva chiesto.

Mi ero chinata, dopo aver camminato con attenzione in mezzo alla sua collezione di auto per raccogliere quel che potevo, e avevo afferrato dal pavimento un piccolo aeroplanino in carta che Cillian gli aveva insegnato a fare.

Avevo sorriso a vedere quel semplice foglio spiegazzato in mezzo a tanti altri giocattoli costati una fortuna.

«Irina.» Kate entrò nella stanza. «Lascia che se ne occupi Emilia qui, non sforzarti.»

Emilia era la povera domestica che puliva ogni giorno quella stanza soltanto per rivederla incasinata tutta da capo.

Mi voltai verso Kate e mi portai dietro l'aeroplanino mentre la raggiungevo. «Non credo sia educativo fargli avere così tante cose.»

Kate chiuse la porta della stanza. «È un bambino che ha avuto poco, Irina, non corre nessun rischio di diventare viziato o ingrato di quello che ha.» sostenne lei. «Sono sicura che presto si stancherà e tornerà a cercare la semplicità con cui è cresciuto.»

Non misi in dubbio le sue parole. Tj meritava tutto e di più ma c'era sempre quel timore che diventasse come qualcuno dei miei cugini. Essere viziati non portava mai a nulla di buono.

«Ti va una tazza di tè?» mi chiese quando raggiungemmo le scale da dove avrei dovuto prendere il corridoio per andarmene nella mia stanza.

Volevo rifiutare. Avevo bisogno di un momento da sola, soprattutto quella notte e il giorno seguente. L'anniversario della morte di mio padre era giunto di nuovo alle mie porte. Non riuscivo a credere che un altro anno era già passato e ancora una volta non mi andava di avere compagnia.

Ero in procinto di rifiutare l'offerta di Kate quando lessi nei suoi occhi quello che era un evidente desiderio di anticipare la mia angoscia. «So che domani è-»

«Non ne voglio parlare.» la interruppi senza tuttavia mostrarmi fredda nei suoi confronti ma anzi lo feci con un sorriso per farle capire che apprezzavo il fatto che sapesse e che non avrebbe voluto vedermi infelice. Posai gli occhi sull'aeroplanino e gli lisciai le ali. «Dovrei smettere di contare gli anni altrimenti comincerò a contare anche quelli di mia madre e non credo che mi farà fare una bella fine perseguitare i morti in questo modo.»

Kate mi mise una mano sul braccio e mi accarezzò lentamente. «Allora che ne dici se parliamo del nome del bambino davanti a una tazza di tè?»

Guardai su, incontrando il suo ampio sorriso, un sorriso di una donna che mi voleva un bene che sembrava non aver fine.

«Tu e Edgar non avete trovato ancora nulla. Le proposte di Elliot non sembrano essere molto allettanti per voi.» rise.

Sospirai e la seguii nel salotto del piano terra. «Non credevo che sarebbe stato così difficile.» mi lamentai. «Come hai fatto a scegliere il nome dei tuoi figli?»

Il suo sguardo si addolcì. «Per Edgar è stato facile.» rispose. «Cillian aveva già un nome per il suo erede. L'aveva tenuto un serbo per tutta la durata della gravidanza come se avesse paura che qualcuno glielo rubasse.» Si mise a ridere scuotendo la testa. Una domestica ci servì il tè e delle tartine al limone non appena ci sedemmo sui divani. «Sai cosa significa?» mi domandò afferrando la sua tazza.

Devotion 3 // Omertà E Onore //Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora