76. Little mouse & little Rose - Parte I.

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Non vi era indecisione sul loro volto. Studiarono le bizzarre ferite riportate, mentre il giovane viaggiatore continuava a muoversi convulso e febbricitante. Più si agitava più il cobalto sembrava diffondersi nel suo corpo. Cercare di farlo parlare era inutile. Maxfield non rispondeva agli stimoli esterni e sembrava aver perso totalmente il contatto con la realtà, mentre forse viveva incubi di vite passate e future.

Doveva star passando l'inferno.

Dovevo indagare la vera causa del suo malessere improvviso. Non poteva essere stata una coincidenza.

A un occhio più attento lo squarcio corvino che aveva separato in due la volta del flusso del tempo mostrava come luogo di provenienza la decadente abazia delle ancore al centro dell'universo.

Probabilmente i ribelli avevano fatto di quel luogo la propria base per riorganizzarsi, radunare i sopravvissuti e poi darci la caccia.

La facoltosa armata di ribelli aveva subito ingenti perdite, eppure, sembravano una forza inarrestabile.

Sarebbe bastato colpirli un po' alla volta... in fondo, loro erano tutto ciò che si frapponeva fra noi e la pace.

Molti avevano perso le loro armi, venendo ricoperti dalla fuliggine e la polvere. Non sembravano altro che carne da macello, ma quello non impedì loro di continuare a correre a testa bassa verso la morte.

Lake e Colton attaccavano razionalmente, non lasciandosi intimorire, ma soprattutto non piegandosi ad alcuna pietà. Era un lusso che non potevano più permettersi di provare.

Il destino del mondo si sarebbe deciso quello stesso giorno.

«Non ha molto tempo. Sta succedendo qualcosa di strano alla sua linea temporale! Se vogliamo salvarlo dobbiamo bloccarne la causa!» Mallek proferì.

Mike gettò il suo capo verso l'amico, auscultando il suo torace per rinvenirne l'origine. Spalancò le palpebre, seguendo i contorni di quelle ferite color pervinca. «È inumano. Non ho mai visto o letto nulla di simile! È dentro le sue vene e ne sta prosciugando la vitalità!»

«Riesci a bloccarlo o riavvolgerlo?» domandò Mallek sperando in una risposta positiva.

Mike si umidificò le labbra accennando a malapena due sillabe. «Credo.»

La speranza dei miei compagni si affievolì, il riflesso di un'altra anima che volava via non sarei riuscita a sopportarlo.

Serrai i pugni con rinnovata rabbia, mentre Mike posizionò i palmi sul cuore di Max, con l'intento di far rallentare la diffusione quel veleno ed estrarlo.

Il resto sarebbe spettato a me.

«Che cosa gli hai fatto, bastardo?» urlai iraconda. Superai i feriti, portandomi davanti a loro come scudo. Nonostante il sangue mi bollisse nelle vene, sapevo di dovermi concentrare, la soluzione doveva essere davanti ai miei occhi e farlo parlare era proprio ciò che mi serviva.

Theon si passò una mano sul volto estasiato da tale confusione, mentre troneggiava dall'alto del suo comando. Iniziò a impartire ordini come se fosse suo diritto di nascita. Il ghigno divertito sul volto mi diede conferma della sua infermità e infimità. Non aveva alcuna intenzione di darmi ascolto, mentre altri ribelli si univano allo scontro superando il portale artificioso. Mi resi conto che più ne arrivavano, più Max sembrava soffrirne.

«Scommetto che in realtà non sei neanche il responsabile del suo stato! Non lo sai! Aveva ragione Valek... sarai per sempre il suo inetto assistente» inspirai fra i denti.

Il sorrisetto maligno divenne ben presto una smorfia seccata. Allargò le braccia aggrappandosi a un suo commilitone, spingendolo a terra con stizza. «Come osi pronunciare queste parole al mio cospetto, lurida puttanella? Sai chi sono? Sai cosa ho inventato e quanti danni sono stato capace di provocare grazie al mio acume?» Iniziai a muovere qualche passo verso di lui, aggirando il campo di battaglia. Il suono delle sciabole a contatto tra di loro o dei colpi al plasma delle nuove armi messe appunto dal suo genio, coprivano in parte le sue parole e le sue imprecazioni blasfeme.

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