Capitolo 6

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- TU SEI UN PAZZO! - urlo, scendendo dal motorino.
- Non mi dire che hai avuto paura! - Lo sento correre dietro di me.
- Simon Lewis, considerati pazzo!! - grido, girandomi verso di lui.
- Guarda che non è successo niente!
- Come NIENTE? - strillo, allibita.
- Non era mica un camion! - Ride.
- E che cos' era? Era di sicuro un camion, te lo dico io!
- Vuoi calmarti? - dice Simon - Stai rompendo a tutto il vicinato.
- ERA UN CAMION GIGANTESCO! - grido, ancora più forte, stavolta.
- Dove sono le chiavi di casa? - mi chiede, cambiando argomento.
- Eccole. - dico, dandogli le chiavi. - Comunque era un camion ENORME!
- Hai rotto. - dice e, cogliendomi alla sprovvista, mi tappa la bocca con la mano, mentre io continuo a parlare.
- Osa mordermi la mano e giuro che te la faccio pagare. -
- Taci. - tento di dire, ma, in compenso, si sente solo un mugolio.
- E non provare nemmeno a leccare. - continua, ignorando ciò che ho detto. - Ora mi ascolti? - chiede, mentre io continuo a parlare, contro la sua mano.
- Allora, non era un camion enorme o gigantesco, come dici tu. Era una macchina minuscola, talmente minuscola che una formica, a parer mio, è più grande. - commenta, infine.
- Non respiro più. - brontolo.
- Bene, ora sto togliendo la mano, ti chiedo con gentilezza di non fracassarmi i timpani. Grazie in anticipo. - dichiara e, con cautela, toglie la mano da davanti alla bocca. Mi giro lentamente verso di lui.
- Vuoi proprio morire? - domando, seccata.
- E ora che ho fatto?! - chiede, spaventato.
- Potevo morire soffocata, a causa tua! - lo rimprovero, mentre lo colpisco con la borsa della scuola.
- Esagerata! - esclama.
- ESAGERATA UN CAVOLO! - strillo.
- La smetti di urlare? -
- Se mi sfiori anche solo per un attimo, giuro sullo Stige che ti becchi uno schiaffo che ti lascia il segno!
- Coraggiosa, l' intrepida. - commenta, sarcastico, ma faccio finta di non averlo sentito.
- Mi servono le chiavi per entrare in casa. - dico, con tono scocciato.
- La apro io, sua Maestà. - Fa un inchino e io, per tutta risposta, roteo gli occhi.
- Tu non arrivi al diploma, Lewis. - lo minaccio, cercando di trattenere una risata.

La casa è esattamente come stamattina: ordinata e perfettamente pulita.
- Bomba! - urla Simon, mente si butta allegramente sul divano.
- Sì, Simon, fai come se fossi allegramente a casa tua! - dico, dirigendomi verso la cucina. Una stanza piena di mobili bianchi e i muri di un colore che assomiglia a quello della menta.
Sospirai: i colori erano quelli dell' ospedale, quei dannati colori con cui ho vissuto da sempre.
Una lacrima scivola sulla mia guancia.
"BASTA!" mi dico. Devo smetterla di piangermi addosso, smettere di piangere a causa del mio passato.
Frugo nella dispenza, in cerca di panini, di solito la zia li metteva lì, eppure non riesco a trovarli.
Nel frattempo, prendo una bibita gassata.
- Rita, il tuo telefono sta squillando!! - grida Simon dal salotto.
- Rispondi te, perfavore. - gli dico.
- Okay. - acconsente lui.
Simon risponde al telefono, mentre io preparo gli spaghetti al sugo con le polpette.
Dopo almeno tre minuti, Simon ritorna.
- Chi era? - chiedo.
- Tua zia. - dice, sorridendo.
-Quando torna?
-Domani mattina.
-Che cosa?!
Questo vuol dire che sarei rimasta SOLA a casa, senza nessun adulto a sorvegliarmi.
- Ah, prima che ti dica o pensi qualsiasi cosa - dice, aggiustandosi la giacca in pelle - Rimango io con te.
Spalanco gli occhi.
- Mia zia non mi lascerebbe mai da sola, a casa, con un ragazzo. Soprattutto e preciso la parola RAGAZZO.
- Dammi il telefono. - gli ordino.
- No. - dice Simon, ridendo.
- Dammi il telefono, subito. - ripeto.
- Perché non vuoi rimanere da sola a casa con me? - mi chiede, camminando all' indietro.
- Sono affari miei - rispondo, bruscamente.
- Parlamene. - insiste, correndo con il telefono in mano.
- Ridammi il telefono, Lewis. - La mia voce è calma e ferma.
- Se ci tieni al telefono, prendimi! - dice, sparendo nel corridoio.
- SIMON, SE TI PRENDO CONSIDERATI MORTO E SEPOLTO IN GIARDINO! - urlo e mi dò all' inseguimento.
Vado nel corridoio ma non c' è anima viva.
- Tanto so che non mi prendi!
- Taci, verme. - dico, ringhiando e comincio a cercarlo per tutta la casa.
- Simon, fatti vedere. - dico.
- Cercami. - dice, cercando di trattenere una risata.
In quel momento non so per quale motivo mi ricordo di una cosa, anzi, di una persona.
- Voglio farti una domanda, prima. - sospiro, senza ottenere nessuna risposta.
- Tu cosa ne pensi del club del libro? -
- Sono delle brave ragazze: non farebbero del male ad una mosca. - dice, sbucando dalla porta di camera mia.
- Che ci facevi in camera mia tu?- domando, sfrecciandogli davanti ed entrando nella mia camera.
Sembrava tutto a posto, ma guardai male Simon.
- Ho toccato solo i libri che ci sono in quella libreria a forma di cabina.
Cerco di mantenere la calma, eseguendo dei respiri profondi.
- Ritonando al discorso di prima: sei sicuro sul loro conto?- chiedo.
- Sì, sicurissimo perché? -
- Una ragazza mi ha detto di non fidarmi di loro...
Neanche il tempo di finire la frase, che Simon mi urla contro.
- HAI PARLATO CON SAMANTHA, VERO? -
- Vero. - ammetto, sentendo la mia voce tremare.
- Non parlarle mai più! - ordina.
- D' accordo. - La mia voce trema ancora .- Ma chi è? -
-Te lo scordi che te ne parlo!
- Vuoi una risposta per la domanda che mi hai fatto? Bene, allora tu mi dici chi è questa ragazza.
- Sei determinata a saperlo.
- Voglio solamente aiutarti.
- Samantha era la mia ragazza.- dice tutto d'un fiato.
- Eh!- dico, scioccata. - Quindi perché la pensi diversamente da lei riguardo il club.-
- Pensavo che una figlia di Ade ci fosse arrivata da sola.
- Come cavolo...?!- lo guardo, con la bocca spalancata.
- Ho azzecato, vero?
- Non cambiare discorso perchè vi siete lasciatati?
- Ora preferisco non parlarne.
- Mi dispiace.
- Non preoccuparti, ora ho in mente qualcun altra- dice, abbozzando un sorriso.
- La conosco?
- Credo di sì!- esclama, raggiante.
- Scusa per prima, è che non mi piace avere dei ragazzi nello stesso posto.
- Paura. - dice con tono sicuro. Infatti ha ragione: io ho paura di quello che possono fare; di quello che per colpa di uno di loro ho quasi fatto.
Evito di pensarci troppo.
Cala il silenzio nel salotto, si sente solo il respiro affanoso di Simon. Non ho neanche acceso la televisione, non ho voglia di guardare la TV inglese.
Le ore passano lentamente; Crono sta straziando, con il suo controllo del tempo: perché cavolo lo ha interrotto?
Alla fine mi addormento dalla noia.
Mi sento scuotere leggermente e chiamare: è Simon, la voce è la sua, ne sono certa.
- Che c'è? - chiedo, mentre mi stiracchio.
- Tra poco c'è un concerto a scuola e siccome oggi sono il tuo custode, vieni con me. - dice, alzandosi.
- E se non voglio venire? - lo sfido, mentre incrocio le braccia con un sorriso che faccio quando ho in mente dichiarare guerra.
- Guarda che ho voglia di andare a questo concerto a scuola; è da mesi che aspetto questo momento, per favore. - dice, alla fine.
- Sei un rompiscatole, lo sai? - dico, trattenendo un sorriso.
- Va bene, andiamo a questo concerto scolastico. - dico.
- Yes! - dice, tutto felice.
- Ad una condizione. - Sorrido.
- Quale? - chiede Simon, spaventato.
- Mi devi parlare di te e Samantha.
- Uffa!...E va bene, se è l'unico modo...
- Yes! - Questa volta sono io a dirlo, tutta contenta.

Okay ho pubblicato il sesto capitolo, spero che abbiate cambiato l'idea di uccidermi.
Sapete che sto parlando di voi due, ma vi voglio bene lo stesso.
Voglio anche che una storia che mi piace molto*-* si chiama: Ariana ed è stata scritta da cameronsvoice e mi piacerebbe se ci fate un salto :).
Grazie in anticipo se lo fate.
Ci si vede al prossimo capitolo e spero che voi due e complici (se avete complici), abbiate cambiato l'idea di uccidermi.

Il club del Libro °{These books my life}°Where stories live. Discover now