«Tatyana! Tatyana dove stai andando? Fermati. Parliamone!»
Le urla di mia madre riecheggiarono per tutta la casa e provarono a fermarmi senza successo.
Furiosa mi voltai di scatto e mi scostai un ciuffo che era scivolato sui miei occhi gonfi e pieni di lacrime.
«Parliamone? Sul serio mamma? Ma mi hai visto bene?» le indicai adirata il livido che mi era appena comparso sul braccio.
«Non voleva...lo sai», rispose con voce smorzata, pronta a difenderlo come ogni singola volta.
Non avevo più la forza di reagire, di gridare, di piangere. Volevo solamente andare via da tutto questo perché se fossi rimasta un minuto in più la mia vita sarebbe andata in frantumi.
«Lo stai difendendo?» sbottai sfinita e senza più un briciolo di autocontrollo.
«Amore ti prego, lo sai com'è. Ha avuto una brutta giornata e...» continuò mia madre, cercando di farmi ragionare.
Automaticamente mi afferrò per il braccio, ma la scansai e la guardai in cagnesco. Lei si morse il labbro inferiore e si concentrò sul livido che mi era spuntato.
«Tesoro...ti prego, ascoltami.» Non la ascoltai.
«Ha avuto una brutta giornata e per questo motivo può permettersi di picchiare sua figlia? E di lasciarle lividi sul corpo?» ribattei esasperata perché tanto non avrebbe mai capito. Il suo amore per quell'uomo era troppo potente, distruttivo, ma non se ne rendeva conto.
Non l'avrebbe mai lasciato definitivamente.
Dall'altra parte della stanza, sentii il passo di quell'uomo allontanarsi sempre di più e riguardai la donna che mi aveva messo al mondo: avrebbe messo sempre lui al primo posto, non me, non sua figlia.
«Lasciami da sola! E porta quel coglione fuori da questa casa!» sbraitai prima di entrare in camera mia e chiudere con un tonfo la porta alle spalle.
Immaginai mia madre sobbalzare e piangere per il mio comportamento, ma non avevo intenzione di restare in quella casa.
Non mi importava.
Mi ero ripromessa che se, quel pezzo schifoso che non chiamavo più papà da anni, l'avesse rifatto, se mi avesse picchiato ancora una volta e lei non mi avrebbe aiutata e difesa, sarei andata via.
Avevo persino un posto dove rifugiarmi da tutto questo inferno.
Incollerita, e con le lacrime che non smettevano di rigarmi il volto, scelsi la mia prossima meta: Boston. Con le lacrime che mi stavano inondando il viso, iniziai a riempire una delle valigie che tenevo nel ripostiglio della mia enorme camera. Ebbene sì, essendo figlia di una famosa attrice, nella mia vita, materialmente non mi era mai mancato nulla.
Ma gli affetti, quelli veri...quelli mi erano mancati davvero ed erano un tasto dolente per me.
Gettai dentro la valigia dei maglioni pesanti, jeans, scarpe, pigiami, lingerie, senza piegarli, e quando mia madre e quel bastardo uscirono, sospirai di sollievo. Finalmente ero da sola.
Avevo poco tempo a disposizione e non lo avrei sprecato. Serrai i denti e mi affrettai.
Sarei stata prudente, ma avevo bisogno di ascoltare semplicemente il mio cuore che mi consigliava di fuggire e ricominciare dall'inizio.
D'un tratto un messaggio illuminò il display del mio ultimo modello di iPhone.
Mamma: siamo usciti. Non so a che ora torneremo, spero solo che dopo farai pace sia con lui sia con me.
Lessi quelle parole con occhi sbarrati e con l'amaro in bocca perché questo era troppo.
Snervata cominciai a ridere da sola in quella stanza troppo grande e troppo rosa per i miei gusti, poi chiamai un taxi e conservai il telefono in borsa. Non avevo voglia di leggere altri suoi pietosi messaggi di scuse.
Di fretta recuperai le cose indispensabili e uscii senza voltarmi indietro.
Qualche minuto dopo mi ritrovai fuori in giardino, in attesa di un taxi e con la speranza che i vicini di casa non notassero la mia improvvisa fuga pomeridiana.
Abitavamo in un quartiere lussuoso di New York e stavo per andare a Boston in treno. Sarebbe stato un lungo viaggio, ma ne avevo bisogno.
Ormai avevo deciso.
In lontananza, intravidi il taxi e quando si accostò davanti la mastodontica villa dalla facciata bianca, a tre piani, e di uno stile impeccabile e super moderno, presi un lungo respiro e lo raggiunsi in pochi passi.
Il tassista rimase imbambolato e scrutò con meraviglia casa di mia madre ed io scossi la testa perché speravo che non mi riconoscesse. In teoria nessuno mi conosceva visivamente perché avevo sempre chiesto a mia madre di mantenere la privacy su di me e non ero mai comparsa in tv.
Almeno in questo mi aveva assecondata.
«Alla stazione per favore», confidai con voce graffiata.
Il tassista mingherlino occhieggiò verso di me dallo specchietto retrovisore e annuii.
Proprio in quel momento, quando abbandonammo il quartiere con le varie ville limitrofe, digitai un messaggio a una persona importante.
Io: Sto venendo da te. Ho bisogno di vedervi. Mi mancante e ho bisogno di cambiare città.
Premetti con le dita tremanti il tasto invio e David visualizzò il messaggio.
David, il mio fratellastro, colui che mi avrebbe protetta per sempre e che mi rispose immediatamente.
David: Vieni da me. Sai che ci sarò sempre per te. Non perdere altro tempo. Ci vediamo più tardi. Non vedo l'ora di rivederti.
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🕸️ 🕷 Buonasera🕷🕸️
Come da promesso, ho inserito il prologo e volevo dare il benvenuto anche ai nuovi lettori.Questa storia sarà molto diversa dal genere che ho scritto in passato, ma spero possa comunque affascinarvi e intrigarvi.
Dunque, già dal prologo capiamo che la nostra Tate sta scappando da New York per raggiungere David, il suo fratellastro.
Come vi sembra?
Vi ha incuriosito un po'?Badate bene, che spesso e volentieri io agito le acque🌊, quindi non ci sarà calma in questa storia, già vi avviso in tempo 💙💙💙
Gli aggiornamenti saranno ogni Giovedì, se proprio per motivi di lavoro non dovessi riuscirci, slitterebbero di qualche giorno, ma proverò a essere puntuale e precisa.
Adesso vi lascio, ma spero che il prologo vi abbia incuriosito!
Un bacione
Valia

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Unattached - Senza Legami
Romance(Il ragno e la libellula) Tate e David sono fratellastri inseparabili ma si dividono quando i loro genitori si separano. David torna a vivere con il padre nella cittadina in cui è cresciuto, vicino Boston, mentre Tate rimane a New York, con la madre...