Capitolo 53

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❗️QUESTO CAPITOLO NON È IL CONTINUO DEL PRIMO VOLUME DEL CARTACEO

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❗️QUESTO CAPITOLO NON È IL CONTINUO DEL PRIMO VOLUME DEL CARTACEO. SONO STATI RIMOSSI I CAPITOLI DAL 32 AL 52. ❗️

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R O C H E L L E

«Sono riuscita a vedere Jacob grazie a una scusa, come mi avevi chiesto.»

I miei occhi scattano sulla figura esile della professoressa di musica, mentre appoggio la mia tazza di cioccolata calda sul tavolino.

Intorno a noi, nella caffetteria di fronte alla scuola, le persone si muovono tra i tavoli, ridono, si godono la stessa libertà che a Jacob è stata invece negata da settimane. Da troppo tempo ormai.

È per questo che ho pregato la professoressa Morel, insistendo giorno dopo giorno.

Doveva trovare un modo per vederlo, anche solo per capire come stava.

Non dormo più, i pensieri si accavallano continuamente. Jacob, intrappolato in quella casa, giorno e notte, in compagnia di un mostro.

È un'immagine che mi perseguita.

Certe volte ho persino pensato che Jacob non ci fosse più in realtà. Solo ripensare a quell'ipotesi mi toglie il respiro; le mani mi iniziano a tremare, e un brivido mi scorre lungo la schiena.

È come se una sensazione corrosiva e insistente mi grattasse costantemente le ossa fino a consumarle, sussurrandomi che, se non facciamo qualcosa in tempo, potremmo non rivederlo mai più. Potremmo perderlo per sempre.

Nemmeno Ophelia riesce più a mettersi in contatto con lui. Il preside Davis le ha vietato categoricamente di avvicinarsi alla sua casa e Jacob non risponde né a messaggi né a chiamate.

Da quel momento, Ophelia è diventata l'ombra di se stessa. Cammina per i corridoi della scuola come un fantasma, ha le spalle sempre curve, lo sguardo perso nel vuoto. È persino dimagrita a vista d'occhio.

Non posso che biasimarla.

Se qualcuno mi tenesse lontana da Cayden e io sapessi che lui è in pericolo, che sta soffrendo, senza poter fare nulla per aiutarlo, credo che impazzirei.

«Come le sembrava? Le ha detto qualcosa?» indago, con la voce impastata di preoccupazione, ma anche di curiosità, ovviamente.

La professoressa Morel sospira. Il suo viso si oscura, appesantito dall'apprensione. «Quel ragazzo non sta bene, Rochelle.»

Il nodo che ho in gola già da un po' si stringe come un cappio attorno alla mia gola. «Cosa intende?» Mi serve una conferma, una risposta chiara, anche se so già cosa intende. Lo posso immaginare.

«L'ho visto solo di sfuggita. Ho usato come scusa del materiale scolastico che aveva lasciato in classe. Sono andata senza preavviso, perché sapevo che altrimenti il preside avrebbe trovato il modo di consegnargli i libri al posto mio...» La sua voce si incrina, e lo sguardo si perde in un punto indefinito alle mie spalle, come a voler scappare da quel ricordo. «I suoi occhi erano così... spenti. Non sembrava nemmeno presente nella stanza con noi.»

𝙃𝙖𝙘𝙠𝙚𝙙 𝙝𝙚𝙖𝙧𝙩Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora