Mistero al passo Diyatlov: parte 2

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Lo seguii senza incertezze, stare accanto al Dottore trasmetteva sicurezza. Non riuscivo a credere a ciò che mi diceva, avevo sempre combattuto contro ogni tipo di complotto e persino per il passo Djatlov tutte quelle teorie non mi avevano mai convinto, eppure ora tutto sembrava possibile, e ancor peggio, tutto trovava un senso quasi logico.

Il vento sferzava gelido ma in un batter d'occhio fummo al punto di ritrovamento dei cadaveri. La postazione era vuota, nessun umano, nessuna tenda, niente. Solo neve, pura e candida.

"Dottore, sei sicuro di essere al momento giusto? Qui non c'è nessuno", chiesi confusa.

"Sì, siamo poco prima che arrivino gli escursionisti, tra poco dovrebbero essere qui, è il caso di fare qualche altro passo e andare a conoscerli", spiegò il Dottore.

"In che senso qualche altro passo? Si gela qui! Certo che mio zio aveva ragione, questi posti sono impossibili", commentai infreddolita.

"Tuo zio è stato qui?"

"Campagna di Russia, seconda guerra mondiale."

"Certo che siete resistenti nella tua famiglia, sicura di non essere un Darofax?"

"Abbastanza, e poi cos'è un Darofax?"

"Resistenti guerrieri, hanno una grande forza d'animo."

"Ahh, come gli highlanders!"

"Sì. Più o meno. Ora andiamo."

Camminammo per circa dieci minuti sulla neve prima di vedere da lontano delle sagome incappottate.

"Dottore! Dottore ci sono delle persone!"

"Oh bene, sono loro, andiamo."

Corremmo fino al gruppo di persone agitando le braccia e loro si fermarono ad attenderci. Quando arrivammo i volti non erano visibili, il ghiaccio e la pelliccia del cappuccio li coprivano e anche gli occhiali.

"Ciao! Chi siete?" Disse allegro.

"Dottore, non credo che la capiscano, sono Russi, noi no."

" Russi, non sordi signorina, la capiamo eccome, lei d'altronde parla un russo niente male."

"Io parlo Russo!? Ma sto parlando italiano, la mia lingua... che succede? Mi ha dato la capacità di parlare tutte le lingue, oh, questo è un sogno!" Dissi incredula guardando il Dottore.

"No, niente capacità di parlare altre lingue, semplicemente il TARDIS ci protegge, crea un campo in cui lui traduce per noi, anche le scritte."

"Sul serio?"

"Leggi sui loro zaini."

"Zaino di appartenenza di Igor Dijatlov... è vero! È in italiano. Confesso di essere delusa, parlare molte lingue è una capacità che vorrei avere."

"Se avete finito io vi chiederei chi siete, siamo in Siberia, ci sono quaranta gradi sotto zero e voi passeggiate come se nulla fosse. Io sono Igor Dijatlov e loro sono i miei compagni, ed è meglio che andiate via perché io li difenderò fino alla morte", disse Igor minaccioso ma freddo.

Il Dottore alzò le mani, mi guardò intimandomi di fare lo stesso e io, confusa, feci qualche passo indietro.

"Non credo che sia il caso di spararci, vedete noi siamo..."

Fu allora che notai una piccola pistola tra le mani di Igor. Non l'aveva puntata direttamente verso di noi, la teneva leggermente abbassata, quasi nascosta ma pronta per essere usata. Il sangue mi si gelò, sembrò più freddo dell'ambiente che ci circondava e contemporaneamente percepii di stare sudando, guardai verso il Dottore e la sua aria sicura mi contagiò.

Cronache spazio-temporali: racconti in viaggio con il decimo dottoreМесто, где живут истории. Откройте их для себя