Capitolo 32

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GRACE


La mattina seguente, Caleb si alzò molto presto per andarsene da casa mia prima che i miei zii o Alan si potessero anche solo accorgere della sua presenza. Se ciò fosse successo avrei sicuramente passato una colazione d'inferno.

Quello che era successo la notte precedente doveva rimanere un segreto nostro. Mio fratello non doveva assolutamente sapere che ci eravamo imbucati a una gara clandestina, men che meno che venisse a conoscenza del fatto che Caleb avesse dormito con me.

Mi preparai per la scuola, indossai gli abiti che avevo preparato il giorno prima sulla sedia e misi un po' di trucco a coprire le occhiaie testimoni di poche ore di sonno.

Scesi in cucina, afferrai una fetta di pane tostato e un'arancia, poi corsi fuori di casa «Ci vediamo più tardi!» salutai gli zii e chiusi la porta, procedendo lungo il vialetto e salendo sul muretto. Misi le mani nella tasca della giacca e nascosi il naso sotto la sciarpa

«Cosa ti avevo detto a proposito dello stare lì? Scendi, per favore.» mi ammonì mio fratello.

Sbuffai ma lo accontentai e scesi dal muretto andandogli volontariamente addosso e facendogli alzare gli occhi al cielo «Sei sempre la solita.»

Gli mostrai la lingua, poi continuammo il tragitto verso la scuola in silenzio.

Varcato il cancello, mio fratello ed io ci separammo come al solito raggiungendo ognuno il proprio gruppo di amici.

«Ehi, Grace... come stai?» mi chiese Amber. Il suo tono di voce era basso e la sua espressione era l'esatta rappresentazione della mortificazione.

L'abbracciai sorridendo «Sto alla grande, stai tranquilla. Sono solo stanca perché ho dormito poco.» affermai nascondendo un finto sbadiglio che la fece tranquillizzare.

«Mi sento terribilmente in colpa, però.»

Scacciai l'idea con un gesto della mano e cambiai discorso «Organizziamoci per domani: si parte finalmente!»

Amber capì le mie intenzioni e annuì «Jace ha detto che ci metteremo circa mezza giornata ad arrivare, perciò vuole partire presto la mattina per arrivare prima che faccia buio.»

«Si parla di me?» chiese Caleb affiancandomi.

Sussultai per la paura e mi portai una mano al petto. Come diamine poteva essere così furtivo ogni volta?

«Davvero, tu e le tue manie di protagonismo siete estenuanti.» dissi alzando gli occhi al cielo.

Mi diede un pizzico sulla guancia «Che dolce.»

Lo salvò la campanella, perché ero pronta a sferrargli un bel calcio in mezzo alle gambe.

Caleb rise davanti alla mia espressione frustrata, mise una mano sulla mia testa e mi scompigliò i capelli.

Era evidente: voleva porre fine alla sua miserabile vita.

«Ci vediamo per pranzo, aspettami fuori dall'aula.» e detto ciò si allontanò insieme ai suoi compagni della squadra.

Entrai nell'edificio e mi fermai all'armadietto per prendere i libri che mi sarebbero serviti per la prima lezione della giornata, poi mi incamminai.

«Thomas, pensi di venire anche tu?»

Il ragazzo in questione sembrava essersi imbambolato e quando lo chiamai sussultò. Pareva avesse appena visto un fantasma.

«Che c'è?» gli chiesi.

Lui inarcò un sopracciglio «Cos'è successo così all'improvviso tra te e Caleb?» domandò a bassa voce.

«Nulla di che, è tutto come prima. Ora muoviamoci o entreremo in ritardo.» affermai.

La mia vita è un clichéDove le storie prendono vita. Scoprilo ora