9. Tienila d'occhio

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L'eterna insicura, l'umile ragazzina che insegue sogni vestendo la propria incapacità con ironia da quattro soldi: spesso era questo che si aspettavano da me. E mi stava bene darglielo, finché non era ora di togliersi i vestiti.

La sua mano restò a indugiare sul mio polso, il suo sorriso fastidioso non accennò a spegnersi.

«Tranquilla, non è mia intenzione privare la clientela della visione celestiale che rappresenti per tutti noi... »

Quante volte mi avevano abbordata con una frase simile? Non funzionava mai, nemmeno quando andavo a letto con chi l'aveva pronunciata. Se decidevo di portarmeli a letto, non era per le stronzate che uscivano dalle loro bocche.

«...ma ci vorrebbe più Cointreau, lì dentro.»

Mi guidò la mano sul collo della bottiglia, in un gesto che, finalmente, trovai oggettivamente eccitante e scandalosamente esplicito. Mi strinse le dita nelle sue, e versammo insieme il liquore nello shaker, finché lui decise che poteva bastare.

«Grazie» dissi, e proseguii nella preparazione del drink in autonomia mordendomi il labbro, consapevole di quanto quel gesto stupido e attentamente studiato, fosse per una quantità stupefacente di maschi la prova inconfutabile di aver conquistato una donna.

Sono io che ho conquistato te, mio povero e bellissimo idiota.

Gli allungai il bicchiere sul bancone, riempiendomi gli occhi della sua espressione soddisfatta. Si portò il bicchiere alle labbra senza togliermi gli occhi di dosso.

«È venuto bene?» chiesi.

«È perfetto.»

Gli regalai un sorriso, preparandomi a raccogliere l'ordine di un altro disgraziato che avrebbe bevuto un cocktail piuttosto lontano dall'essere ben eseguito, ma mi fermò, richiamandomi. Il mio piano prevedeva di rimorchiarlo nuovamente dopo la mia esibizione con il corpo di ballo, ma forse il ragazzo aveva una certa fretta. Ne fui lusingata, e fui felice di non dovermene vergognare.

«Fammene un altro, per favore.»

«Ma devi ancora finire quello...»

«Sono disposto a ordinarne a raffica, pur di poter scambiare ancora qualche parola con te.»

Ecco, quella era una frase con cui non mi avevano mai abbordata. Sapevo che ciò che voleva questo ragazzo era solo infilarsi tra le mie cosce, e tutto sommato era quello che volevo anche io, ma considerai l'ipotesi che il suo impegno per raggiungere l'obiettivo potesse rivelarsi molto più elegante e apprezzabile del solito.

«Tra un po' mi devo esibire sul palco, non posso restare troppo...» il suo sguardo non vacillò, «ma dopo posso tornare a prepararti un altro drink...»

«Fai parte del corpo di ballo del locale?»

Feci cenno di sì.

«Dimmi che posso essere io a offrirti qualcosa, dopo il lavoro.»

Ebbi un attimo di esitazione, non perché avessi dubbi sulle mie intenzioni: era assolutamente certo, che volessi scoparmi quel tizio. Solo, mi stupii dell'improvvisa accelerata che diede alle sue intenzioni espresse. Probabilmente se ne rese conto, ma non corresse il tiro, anzi. «Resto in città solo fino a domattina, e tu sei l'unico ricordo che mi interessa portarmi a casa. Puoi dirmi di no, puoi anche prendermi a schiaffi per la mia presunzione,» si appoggiò con i gomiti al bancone, assolutamente incurante delle lamentele degli altri clienti ancora in attesa della mia attenzione, «ma ho solo una manciata di ore a disposizione per rendere la mia permanenza in questo buco nebbioso di città qualcosa di indimenticabile. Ti va di aiutarmi in questa impresa, piccola e indimenticabile barman?»

PRICELESSWhere stories live. Discover now