51 - Cervera pt. 1

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Il giorno successivo mi ritrovai a dover stare dietro al passo, decisamente troppo veloce, dei due piloti.

« ¡Andale, babosas! ( Forza lumache!) » ci prese in giro Alex, mentre io e Aida lo mandammo gentilmente a quel paese.

« Ma tu non dovevi essere mica...» iniziò Aida, prendendo un respiro affannato « come... loro? »

«Che...intendi? » balbettai io, già rossa in viso.

« Non dovresti correre come...» proferì lei, respirando di nuovo « loro? »

« Sì » affermai io « Mi mancano...solo...otto anni di...allenamen..to »

Marc e Alex sì fermarono e ci attesero.

« Forza ragazze, più grinta! » ci incitò Marc, ridendo appena vide le nostre facce malconce dallo sforzo.

« Vaaaaaa...» balbettai io « ffffffancul...o»

« Tu eres un piloto también! ( Sei pure una pilota! ) » mi riprese Alex.

Dopo aver ripreso fiato, tuonai: « OTTO ANNI FA »

« Quanto abbiamo corso? » domandò Aida, con la sua treccia da donna dei boschi sfatta. Indossava un paio di pantaloncini aderentissimi e un reggiseno sportivo coordinati. Io ero letteralmente il contrario, pantaloncini larghi e una maglietta comoda, completamente scordinati.

« Veinte minutos ( 20 minuti) »

« Solo?! » sbraitai « lasciatemi qui, vi prego! » aggiunsi, sdraiandomi sulla panchina che c'era nelle vicinanze.

Qualche secondo dopo mi resi conto che Marc mi aveva raggiunta e mi stava osservando con attenzione.

« Che...c'è? »

Lui mi diede un bacio sulla fronte: « Sei dolcissima in questo stato »

In quello stato? Quale, quello in cui ero sudata peggio di un macaco, in cui puzzavo e avevo i capelli fradici, appiccicati sulle guance viola? E poi come faceva lui a sembrare fresco come una rosa dopo venti minuti di corsa per le stradine deserte del paesino?

« Comprati gli occhiali » gli consigliai io, scuotendo la testa e alzandomi in piedi, lentamente.

Lui per tutta risposta mi mollò una pacca sonora sul sedere: « Andale, sì ricomincia! »

Riprendemmo a correre, seguendo i due spagnoli che sì diressero nel bosco, distaccandosi da noi ma non in modo eccessivo. Io e Aida iniziammo ben presto a rallentare il passo, stravolte da quell'attività fisica fuori dal nostro normale.

« Io...non ce la faccio...più » biascicò lei.

« Neanche...io » dichiarai, con un piede già verso il paradiso.

Ma furono proprio i piedi a riportarmi drasticamente alla realtà, e sapete perché? Perché proprio i piedi erano uno dei miei tanti problemi di goffaggine.

Non a caso presi una storta, e sapete cosa succede quando sì poggia male il piede per terra, no? Ci sì sbilancia e se ci sì sbilancia sì cade.

Ma che succede se sì cadesse su un piccolo sentiero di bosco, dove da un lato non c'era alcun tipo di protezione o appiglio?

Beh, semplice, sì vola giù.

« WOAAAAAAAAAAAH » urlai, avendo già capito che il mio corpo era proprio diretto verso il lato del sentiero che finiva a strapiombo.

« Sof, le tue caviglie fanno sempre più schif...» mi prese in giro Aida vedendomi cadere, bloccandosi quando sì rese conto dove effettivamente stavo per cader giù « SOFIA! »

Non ebbi il tempo di reagire che caddi a ruzzoloni, beccandomi una spallata contro un albero ma evitando di prendermi dei massi.

Quando la caduta terminò, mi ritrovai in uno spiazzo al piano, a circa tre metri più sotto rispetto a dove stavo correndo.

« SOFIA! » udii la voce di Marc, che comparve vicino ad Aida qualche secondo dopo.

« Todo bien? » urlò Alex, preoccupato.

Io provai ad alzarmi in piedi: « Sembra di si » ma un dolore mi colpì proprio la spalla, facendomi uggiolare.

Un rumore di foglie calpestate mi attirò, facendomi alzare lo sguardo verso ai miei amici: Marc stava scendendo e in pochissimo tempo sì ritrovò al mio fianco.

« Sicura che non hai nulla di rotto? »

« N-no » dissi, mostrandogli che ero in grado di piegare ogni singola articolazione, ad eccezione della spalla destra. La caviglia, fautrice di quella caduta, mi dava anch'essa fastidio e mi faceva male appena ci appoggiavo del peso sopra, ma sapevo che era dovuto alla distorsione subita.

Lui mi toccò leggermente la spalla, preoccupato soprattutto per come la stessi tenendo, e io mi lamentai per la fitta.

« No está rota ( non é rotta) » commentò lui con fare esperto « però necesitamos ver a un médico ( ma dobbiamo andare da un dottore ) »

« Non c'è bisogno di andare da un dottore » borbottai, dopo essere salita in auto. Marc aveva già chiamato il suo medico di fiducia, il dottor Xavier Mir*, e lo aveva avvisato che sarebbe passato per un rapida visita.

« Sì che c'è. La tua spalla sì è gonfiata » sostenne Marc « e scotta. Non sono dei buoni segni »

Dopo un'ora di auto a velocità sostenuta, direzione Barcellona, arrivammo dove era ubicato l'ambulatorio.

Venni aiutata da Marc a togliermi la maglietta, per far sì che il dottore potesse darci un'occhiata: solo in quel momento mi accorsi della gravità della situazione. La mia spalla era rossastra, parecchio gonfia rispetto a quella sana. Anche il pilota rimase destabilizzato da quell'aspetto.

« Dobbiamo fare una lastra » annunciò il Dottor Mir « non mi piace questo aspetto »

La lastra confermò fortunatamente l'assenza di fratture nell'articolazione, ma il dottore era comunque abbastanza preoccupato.

« Ha preso una bella botta forte, dovrai prendere dei farmaci e tenerci del ghiaccio sopra. Movimenti leggeri e delicati »

« Riuscirà a riacquisire piena mobilità entro settimana prossima? » gli domandò Marc, serio.

Mi chiesi il motivo di quella strana domanda: perché proprio entro settimana prossima? Che sì sarebbe fatto?

Spazio Autrice

* Dottor Xavier Mir é uno dei migliori medici al mondo a cui molti piloti della MotoGP ( soprattutto spagnoli ) si affidano.

* Dottor Xavier Mir é uno dei migliori medici al mondo a cui molti piloti della MotoGP ( soprattutto spagnoli ) si affidano

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Quel Ferro Che Possiede Un' Anima || Marc Marquez [COMPLETATO]Où les histoires vivent. Découvrez maintenant