IL MURO DI CINTA - nov 2020

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Scorri con lo sguardo osservando il muro di cinta sulla destra.

È alto, eccessivamente alto, se paragonato alle capacità umane nello scavalcare, anche se fossi molto agile.

Il colore è brunastro e i blocchi di mattoni, posizionati orizzontalmente, sembrano tufo.

Sarà alto venti, forse trenta metri e, ogni tanto, qualche ciuffo d'erba fa capolino fra la malta; ma in lunghezza, sia guardando avanti che indietro, il muro di cinta prosegue a perdita d'occhio che, diresti a primo impatto, potrebbe essere lungo almeno cinque o sei chilometri, nel totale.

Prosegui la passeggiata con cautela e curiosità mentre, in cielo, stormi di uccelli neri creano nuvole e strane forme, allungandosi e stringendosi, compattandosi per poi espandersi di nuovo, tutti in un movimento coordinato e sincronizzati all'unisono, come fossero legati tra loro con un collante invisibile.

Alla tua sinistra un ampio campo che, in fondo, prende un po' di pendenza e si inarca su colline morbide e sinuose; l'orizzonte è, così, rettilineo solo in alcuni tratti mentre in altri, le alture, creano un movimento rilassante, guardandole. Il cielo, tendente a un tono roseo, fa ben sperare in una giornata successiva all'insegna del bel tempo.

La temperatura è mite, alcuni insetti svolazzano tra i fiori di campo e l'aria è fina; ma il muro di cinta, così imponente, comincia a essere ingombrante alla vista, fastidioso e davvero troppo grande, rispetto la tranquillità del posto. Perché c'è questo muro? Cosa ci sarà oltre? Chi l'avrà costruito? Quello che è da proteggere è al di qua del muro o al di là? E cosa c'è di così pericoloso dal dover costruire un muro simile?

Le domande ti assalgono l'animo e l'umore si incupisce, a causa del dubbio; il mistero celato dal muro tenta l'equilibrio mentale e la serena giornata, che sta per volgere al termine, sembra iniziare a rovinarsi. Più osservi il muro, più il senso di inquietudine aumenta.

Proseguendo il cammino, sulla sinistra, incontri una casetta di pietra con un tetto di paglia e fango e la porta appena accostata. Eri a conoscenza delle casette costruite qua e là per ospitare i passanti o coloro che passavano la notte lontani da casa, per caccia o per spostamenti lunghi.

Ti appresti a entrare, controllando prima che non sia già occupata e ti accorgi di un po' di fumo che fuoriesce dal comignolo. Risulta libera, per tua fortuna, ma qualcuno deve averla abitata, fino a poco prima. In effetti la temperatura interna è tiepida e un telo copre il letto, come a voler conservare il calore di chi si era coricato in precedenza, per rendere più ospitale l'alcova per il prossimo ospite.

Sul davanzale della finestra una pianta aromatica, forse malva e nel tinello un paio di cocci, erano presenti, pronti per essere usati.

Ti organizzi per accendere il fuoco nel camino con un po' di legna, trovata appena fuori il momentaneo alloggio, e metti a scaldare una tazza di infuso di foglie di quella piantina.

Hai in tasca un tozzo di pane, un po' secco ma ancora commestibile e ti rimane ancora dell'acqua nella borraccia: fino a domani non dovresti aver problemi a sopravvivere.

"Domani è un altro giorno", pensi stendendoti sul comodo letto di paglia e, guardando il soffitto provi a socchiudere gli occhi. Ma il pensiero del muro non riesce a far strada al sonno e lo spalancare degli occhi è inevitabile ad ogni scricchiolio o rumore esterno, così ti alzi infastidito e percorri con passo deciso la distanza che dal letto ti conduce alla porta d'accesso. Assicurandoti che non ci sia nessuno nei paraggi, apri appena la porta e ti affacci, guardando dritto davanti a te.

La luna piena illumina il prato fino al sentiero battuto che costeggia, alla base, il grande muro e, cercando di mettere a fuoco, osservi quel grande ammasso di mattoni che sembra volerti sfidare.

DOLTISH DIRT CHEAP: Tutti mi chiamano Giorgio (Completo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora