<<La verità è che sei tu Alyssa, sei sempre stata tu...>> Si solleva sulle braccia e mi guarda dall'alto dritto negli occhi, con un'intensità tale da farmi sussultare.
<<Cosa stai dicendo?>> Domando per un cambio di rotta improvviso di questa conversazione, ma la mia voce pare non arrivare alle sue orecchie.
<<E io non l'ho mai capito, cosa quei tuoi pianeti hanno visto in me per meritare tanta fortuna. Perché sono stato fortunato ad averti avuta accanto il tempo necessario, a capire che il mondo non è fatto solo di paure...>> Allungo una mano verso il suo viso, per afferrarlo e ritornare di nuovo a qualche istante fa, ma è come se il mio corpo fosse immobilizzato e la sua immagine piano iniziasse a svanire.
<<Ti ho dovuta mettere a rischio per capire che non c'è una soluzione quando si tratta di me, neanche se ci sei tu. Quindi, se puoi perdonami. Perdonami per non averti saputa lasciare andare prima di adesso.>> È solo quando la sua immagine si allontana scomparendo nel buio che finalmente riesco di nuovo a muovermi.

Sbatto le palpebre confusa, quando mi trovo ad osservare un led sopra la mia testa illuminare il centro di un soffitto bianco. Chiudo di nuovo gli occhi, riaprendoli un istante dopo per mettere a fuoco l'ambiente insolito in cui mi sono svegliata. Un fastidio all'altezza del braccio mi porta a guardare in basso dove rimango ad osservare il corpo avvolto da un camicie chiaro mentre un ago è posizionato sulla mia pelle. Aggrotto la fronte pensierosa ma è questo singolo movimento a provocarmi un dolore su tutto il capo, dove porto la mano d'istinto e percepisco contro ogni aspettativa il tessuto di una fasciatura avvolgermi questo spazio. Non potendomi osservare davanti ad uno specchio lascio che sia il tatto a farmi immaginare la natura del mio aspetto, tastando il mio volto con delicatezza perché delle fitte alla testa mi obbligano a procedere cautamente in ogni gesto.
Cosa mi sta succedendo?

Volto la testa alla mia sinistra dove si trova una sedia in legno e alcune mie maglie ripiegate accanto ad un piccolo armadietto, ma è quando noto un letto libero alla mia destra e un carello medico in fondo alla stanza che capisco di trovarmi in una camera d'ospedale. Sette è il numero attaccato alla porta d'ingresso e senza sapere bene il perché, rimango qualche secondo a fissare l'inchiostro di quel numero.
Non vedendo nessuno nelle vicinanze provo a mettermi seduta senza altri aiuti intenta a chiedere spiegazioni, quando un improvviso capogiro mi impedisce di farlo ma al contrario mi fa avvertire la sensazione di stanchezza trascinarmi di nuovo nel sonno. Quasi quando la vista inizia ad annebbiarsi però, il rumore della porta che si sta aprendo richiama la mia attenzione verso una giovane ragazza intenta ad indossare un paio di guanti blu. Non appena i suoi occhi incrociano ora i miei, mi sorride con dolcezza avanzando a passo svelto verso di me.
<<Sei già sveglia>> constata afferrando una cartella appesa alla fine del letto in cui mi trovo. <<Deve sembrarti strano trovarti qui ma non preoccuparti Alyssa, tra pochi minuti arriverà il dottore che ha seguito tutti i tuoi sviluppi.>>
<<Dov... Dove mi trovo?>> Quasi sussurro sottovoce, perché la bocca sembra essere appesantita da un blocco che mi impedisce persino di parlare.

Lei mi guarda e mi pare di scorgere nei suoi occhi un velo di apprensione che cerca di mascherare senza risultato, ed è mentre sta per rispondere che la porta si apre nuovamente mostrando un signore di circa cinquant'anni muoversi sicuro. Il camicie aperto mostra un fisico slanciato di un uomo ben curato, gli occhiali appesi al collo e delle rughe che contornano un paio di occhi stanchi dimostrano tutti gli anni di esperienza alle spalle. Quando rivolge la sua attenzione a me, quasi sorpreso, si avvicina afferrando una penna dal suo taschino all'altezza del petto.
<<Sono felice di vederla già in piedi Alyssa, io sono il Dottor Anderson e l'ho seguita personalmente dal primo momento in cui è arrivata. Ricorda qualcosa su ciò che è successo?>> Domanda con un timbro di voce caldo.
Provo a sforzarmi ripercorrendo gli ultimi ricordi incisi nella mia mente, ma nulla, è come se il buio interrompesse tutto d'un tratto i miei pensieri. Riprovo nuovamente chiudendo gli occhi e cercando di isolarmi da questo luogo invano, senza risultati scuoto la testa mentre le lacrime mi offuscano la vista prorompenti.
<<Non riesco...>> Mi asciugo una guancia quando la sento inumidirsi, la paura è quella che più mi immobilizza in questo istante. Da quanto tempo mi trovo qui?

(Ri)trovarsi 2, quando da soli non bastiamo.Where stories live. Discover now