Refrigerio

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Autore Fabio D'Isanto/Editor: Renato Ligas

«Come si chiama quel negozio dove abbiamo visto quelle scarpe blu con il tacco alto?»

«Quali scarpe?»

«Quelle per la cerimonia di Marcella.»

«Non me lo ricordo.»

«E dai Giorgio, fai uno sforzo, qui è un labirinto di negozi, dammi una mano.»

«Ma che vuoi che ne sappia del tuo dannato negozio di scarpe? Poi 'sto posto mi sta pure sulle palle, io ti accompagno ma non chiedermi di partecipare alle tue farneticazioni.»

«Sei proprio un orso insensibile. Non ci sei solo tu su questa terra e poi non mi sembra di averti puntato una pistola, sei qui di tua spontanea volontà.»

Lui la guardò torvo rimanendo in silenzio e sospirando si guardò intorno alla ricerca di una mappa. Ricordava benissimo il negozio, anche le scarpe a cui si riferiva sua moglie, solo che sperava di farla arrabbiare. Magari esasperandola gli sarebbe passata la voglia di stare in quel posto. Poi la tristezza nello sguardo di Elisa lo fece riflettere e ritornare sui suoi passi. Dopo tutto era un sabato mattina estivo, più caldo ed afoso del solito e non c'era motivo di infierire. L'unico posto dove trovare un po' di refrigerio era quel maledetto centro commerciale. Allora si guardò intorno per cercare il fatidico negozio.

«Vieni a vedere Elisa, mi sa che ho trovato quello che cercavi» disse poggiando il dito sul vetro impolverato che ricopriva la mappa. Lei si avvicinò con uno sguardo serio ed interrogativo... poi il suo viso s'illuminò di un sorriso radioso e complice.

«Lo vedi che quando ti impegni sei adorabile?»

Elisa era una splendida cinquantenne dai capelli mori e occhi verdi. Giorgio la guardò avvicinarsi mentre ondeggiava muovendo i suoi fianchi larghi. Era attraente, lo era da sempre e lo sarebbe stata anche in futuro. Lei lo prese per i fianchi e lo tirò a sé baciandolo intensamente. Giorgio ricambiò, sorridendo le prese la mano e corsero dentro il negozio di abbigliamento lì vicino. Con l'espressione di due ragazzini che non vogliono dare nell'occhio si diressero in tutta fretta verso i camerini di prova. Il senso di proibito e la paura di essere scoperti era una fantasia che si erano confessati tempo fa, si fermarono per un secondo guardandosi intensamente negli occhi e poi si lasciarono andare più del consueto.

Prima di uscire si rassettarono ridendo e con indifferenza si diressero, tenendosi per mano, verso l'uscita.

«Ora dove mi porti?»

«Ti porto in quel dannato negozio ma prima mi serve un caffè. Andiamo al bar del terzo piano?»

Lei annuì ed imboccarono le scale perché gli ascensori erano fuori uso da tempo. Arrivati al bar Giorgio scavalcò il bancone e armeggiò per mettere in funzione la macchina del caffè.

«Te lo ricordi com'era buono il cappuccino che preparava Marco con questa?» disse lui colpendo con violenza il lato della macchina che, sbuffando vapore, si mise in funzione.

«Me lo ricordo benissimo, come potrei dimenticare quella crema di latte che si sposava con il caffè in maniera sublime. Marco era un artista, mi disegnava sempre un fiore su quella schiuma incredibile, credo avesse una cotta per me.»

«Guarda che il fiore era per me, a Marco non interessavano le donne.»

«Creeetino.»

«Dai non ci rimanere male, anche io ho il mio fascino.»

«Orso!»

Risero e si baciarono.

Nonostante lo stato della macchina Giorgio riuscì a tirarne fuori due caffè accettabili. Si sedettero ad un piccolo tavolo rotondo per sorbire quel delizioso nettare. Il silenzio era assoluto tanto che si poteva udire il vento che, entrando dalle parti di tetto cadute, si incanalava fra le colonne della hall facendo frusciare le foglie delle piante rampicanti che ormai avevano invaso tutto il centro commerciale.

«Andiamo» disse Elisa.

Giorgio si alzò e andarono al piano di sotto finché non si ritrovarono, finalmente, davanti alla vetrina di Angelo's Shoes. Dietro le crepe del vetro, su un piedistallo di plexiglass reso opaco dal tempo, campeggiavano i famosi décolleté tanto ambiti. La polvere le ricopriva, allora Giorgio prese un fazzoletto dalla tasca dei jeans lisi, entrò nel negozio e le spolverò fino a farle ritornare accettabili. Fece un gesto da dentro la vetrina come a dire: «le prendiamo?» Lei fece un deciso no con la testa, senza queste scarpe il negozio non sarebbe più lo stesso, pensò lei.

Si era fatto tardi, dovevano ritornare nel loro appartamento prima di mezzogiorno altrimenti il sole sarebbe divenuto letale. Lasciarono l'edificio in fretta e sotto i loro ombrelli parasole si avviarono verso casa.

Lei, quel giorno, sigirò verso il centro commerciale per quella che sarebbe stata la sua ultimavolta. Qualche mese più tardi lui tornò a fare visita al negozio di scarpe.

W1- Centro CommercialeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora