Erano passati cinque giorni da quando i miei erano partiti, segnando così la mia condanna a morte, o quasi. Trovavo incredibile il fatto che Harry, in meno di una settimana, era riuscito a portarmi all'esasperazione e farmi sentire esaurita, sia dal punto di vista fisico sia psicologicamente.
Non facevamo altro che litigare e azzuffarci - verbalmente - per qualsiasi cosa. Sapevo di essere polemica e di approfittare di qualsiasi pretesto per iniziare a litigare, ma le frecciatine che mi mandava in continuazione non potevo di certo ignorarle. Lui sembrava divertirsi nel provocarmi non appena aveva occasione di farlo, e io non mi lasciavo scappare nessuna possibilità per contraddirlo e criticare lui e quello che faceva - o meglio, non faceva -.
Perché alla fine, la maggior parte delle nostre discussioni era dovuta ad una cosa: la sua pigrizia. Era dannatamente pigro, e dio, quanto mi sarebbe piaciuto stare tutto il giorno spaparanzata sul divano a guardare cartoni insieme a Niall, come faceva lui.
Il piccoletto, a differenza mia, lo adorava e stravedeva per lui. Quella mattina si era presentato a colazione con in testa una bandana di nostro padre, e la camera dei miei messa a soqquadro era la prova di una ricerca travagliata. Inutile dire che riuscire a levargli quella cosa in testa era stato più faticoso di mettere a posto il casino che aveva combinato.
E poi, le attività che Harry gli proponeva, quali guardare la tv, giocare a calcio - dentro casa - e cercare in tutti i modi di infastidirmi, erano probabilmente più allettanti di quelle che avrei potuto proporgli io.
Infatti, quando con la mia immane gentilezza lo avevo invitato ad iniziare i compiti delle vacanze, si era stranamente rifiutato. Ovviamente Harry, anche questa volta, non era stato in grado di resistere alla tentazione di complicare la situazione - a mio discapito - e aveva avuto la fantastica idea di prendere le difese di Niall.
«Ha tutta l'estate per farli» aveva detto. «Lascialo in pace per un po'.»
Non avevo intenzione di mollare e di darla vinta a quello scansafatiche. Così avevo costretto Niall a fare qualche pagina del libro di matematica. E ora mi ritrovavo seduta al tavolo della cucina, a guardare mio fratello fare un esercizio e poi distrarsi a guardare la tv.
Mi alzai di scatto dalla sedia e avanzai verso il salotto. Harry stava ancora sul divano a sgranocchiare delle patatine che aveva trovato in dispensa. Aveva mosso il culo solo per quello, ammirevole sforzo.
Spensi l'interruttore del televisore che divenne nero. Harry si bloccò mentre io lo guardavo soddisfatta.
«Che diamine!- sbottò poi -Stavo guardando la partita!» protestò, sentii Niall ridere.
«Oh, mi dispiace. Ma sai, la cena non si prepara da sola e io avrei un certo languore» mi toccai la pancia, come a sottolineare il brontolio del mio stomaco che esigeva essere riempito. «È ora di tirare fuori lo chef che è in te. I pancake dell'altro giorno erano strepitosi e scommetto che saprai far valere le tue capacità ancora una volta, con una bella cenetta» sorrisi. Afferrai velocemente il pacchetto di patatine che fino a prova contraria era di mia proprietà, e me ne tornai in cucina.
Niall aveva insistito così tanto nel voler vedere Harry cucinare per noi, ma adesso quasi rimpiangevo la mia proposta. Il piatto che avevo davanti era profondamente triste. Un hamburger bruciacchiato con accanto del mais non era di certo quello che prediligevo per cena, ma mi forzai a mangiarlo.

STAI LEGGENDO
Babysitter ➵ h.s.
Fanfiction«Vedi, Harry, io non sono proprietà di nessuno, men che meno tua. Ho una vita e non la butterò nel cesso solo per soddisfarti. Cosa che del resto puoi fare benissimo da solo, con una mano, nel bagno più vicino.» © cercandounnickname, 2015/2017