Davanti a sé vedeva un castello. Il cielo notturno avvolgeva le torri perlacee come un sudario. Si avvicinò e il portone d'ebano scolpito si aprì al suo passaggio. Le sale erano povere di decori, ragnatele si annidavano alle pareti e la polvere aveva ingrigito ogni cosa. Nel silenzio più assoluto percepì il fruscio di una veste di seta: notò appena in tempo un lembo di stoffa scomparire dietro la curva di una maestosa scala a chiocciola. Chiamò, ma non ricevette risposta. Si affacciò sulle scale, notando solo un barbagianni che risaliva in lenti cerchi. Lo seguì lungo i gradini, cercando di scorgere nel mentre la figura i cui passi echeggiavano appena contro la pietra nuda. In cima vide il rapace sgusciare dietro una porta. Dopo un attimo di esitazione, si affacciò.
Il soffitto raffigurava la volta celeste: stelle di pietre variopinte, raffigurazioni delle costellazioni realizzate in argento, nebulose e polvere stellare rese in intonaci dai colori sgargianti. Al centro risplendeva la luna, come il più prezioso dei gioielli. Riuscì a distogliere lo sguardo dopo lunghi secondi di contemplazione, puntandolo invece verso il giovane in piedi sotto la luna. La pelle candida faceva da contraltare alla chioma, in cui sembrava brillare lo stesso spettacolo della volta. Sul capo era adagiata una tiara decorata di lapislazzuli, zaffiri e perle. Al centro della fronte risplendeva una pietra algida, perfettamente rotonda. Indossava una tunica di un blu scuro, ricamata in argento e stretta sul busto da un corsetto di perle nere e bianche. I loro occhi si incontrarono: ametiste piene di dolore, antiche come il mondo. Gli sorrise tristemente: "Mi dispiace che tu debba vedere una tale miseria." "N-non credo che sia misero." "Apprezzo la tua gentilezza, ma l'unica cosa bella rimasta qui è questo soffitto. E nemmeno lui è al massimo del suo splendore: da quando sono rinchiuso qui sono morte così tante stelle..." Gli si avvicinò, asciugando le lacrime che gli rigavano il volto in piccole carezze. Lo vide rabbrividire, la pelle d'oca lungo le braccia nude. Si slacciò il mantello e glielo sistemò sulle spalle. Se lo strinse addosso, strofinando il viso contro il collo di pelliccia. Gli prese piano le mani tra le proprie, per riscaldarle.
"Non hai paura?" "Perché dovrei?" "Non mi riconosci?" "È la prima volta che ti vedo." "Certo, come potrebbe essere altrimenti... Quanto tempo sarà passato? Cinquecento, ottocento anni? Ormai ho perso il conto, sempre che in questo luogo si possa davvero contare." "E allora perché quella domanda?" "Non hai bisogno di aver visto Solaris per riconoscerlo in un dipinto, credo." "Chi non lo riconoscerebbe?" "Quindi perché non riconosci suo fratello quando lo vedi in carne ed ossa?" Lo fissò, confuso. "Voi siete il principe Artemis? Credevo foste solo una leggenda, raccontata per spaventare i bambini..." "Quindi è così che mi ricordano? Come una delle innumerevoli bestie domate dal magnifico dio del sole? Non credevo che sarebbe arrivato a tanto." Gli diede le spalle, ridacchiando nervosamente: "Comprendo che avere cura del mio splendido cielo fosse impossibile per lui, e non pretendevo di certo che la storia venisse raccontata in modo diverso: ho sbagliato e ne pago il giusto prezzo. Ma questo è troppo anche per quell'egoista: non meritavo di essere ridotto ad uno spauracchio infantile." Oh, ancora ti stupisci, dolce Artemis? La voce era melliflua, calda e avvolgente. Dovevi aspettarti che quello stronzo ti avrebbe pugnalato ancora una volta alle spalle. Sul fondo della sala era comparsa una figura ammantata di ombre: era di una bellezza feroce e magnifica, con gli occhi violacei che brillavano violenti. Devi solo permettermi di avere pieno potere, e ci vendicheremo di quel maledetto. I suoi passi rimbombavano, facendo tremare la stanza. Avrai il posto che ti spetta, e l'amore e il rispetto delle genti. Devi solo concedermi di usare la luna. Il principe volse lo sguardo per un istante verso il cavaliere, lanciandogli il mantello. Quando lo afferrò il pavimento smise di tremare e tra lui e il resto della scena sembrò formarsi come una barriera di cristallo. Oh, perché hai mandato via il nostro ospite? Comprendo che per un mortale come lui la visione della tua forma più pura potesse essere fatale... Ma non è forse questo il bello di essere un dio? Poco male, vedrà la rinascita della notte. Ora fa il bravo e dammi la luna: ti potrò liberare in un secondo. Allungò le dita verso la tiara, ma il principe fece un passo indietro, portandosi al di fuori della sua portata: "Mio fratello può essere un idiota, ma io non sottovaluto o dimentico il male che hai procurato a tanta gente." Era necessario, caro Artemis. Dovevo pur distruggere i nostri nemici. "Quelle persone non avevano fatto nulla di male." Non ti avevano recato i giusti onori, non era una motivazione sufficiente per annientarli? "Sei solo una bestia assetata di sangue. A costo di dover rimanere rinchiuso qui per sempre, non ti lascerò sfiorare più nessuno." Non potrai resistermi a lungo, Artemis: sai che sono più potente di te. "Prima dovrai prendermi." Prese la pietra dalla tiara e la lanciò in aria: brillò come una stella.
Il codino scintillante di un coniglio saettava tra la boscaglia, attraverso il silenzio. Si potevano sentire solo le zampine che raschiavano il terreno nella loro folle corsa e l'ansimare di un lupo. I denti affondarono nei fianchi della bestiola e la lanciarono in aria, oltre le chiome degli alberi. Alla luce dell'aurora boreale il batuffolo candido risplendette come fosse fatto di madreperla.
L'uovo era stretto delicatamente tra i denti della volpe mentre fuggiva per il campo di grano. La terra dissodata era divenuta fango appiccicoso in cui affondava ad ogni passo. I violenti istanti di luce dei lampi squarciavano la cortina di pioggia e la accecavano. I latrati del segugio tuonavano alle sue spalle, lo schioccare dei denti ad un soffio dalla sua coda. Crollò nel fango, l'uovo rotolò, lucente d'acqua, perdendosi tra le spighe.
Il topolino raccolse il chicco argenteo, rifugiandosi poi tra le erbe dell'orto. Era tutto tranquillo, vi era solo il lieve ronzio delle api e il gorgheggiare di un ruscello poco lontano. Si avviò tra le aiuole, attraversando il polline dolciastro dei fiori, il pungente aroma della salvia, l'arbusto aromatico del rosmarino. Era ormai vicino alla sua tana, scavata tra i muri del fienile. Un sornione rumore di fusa lo immobilizzò. Un enorme gatto nero, acciambellato su una cesta, lo fissava con occhi famelici. Saltò giù, le linee sinuose che si scioglievano in movimenti fluidi. Il topo scattò verso la parete rossa, mirando al buco che lo avrebbe portato in salvo. Un miagolio divertito e si ritrovò bloccato per la coda da una delle zampe. Un artiglio acuminato venne puntato alla sua nuca. Lo sentì penetrare nella carne, per poi percorrere tutta la schiena. Le fusa gli vibrarono fin dentro le ossa. La lingua ruvida leccò via il sangue, tra gli spasmi. Gli tagliò la coda, lasciandolo libero di scomparire nella tana con il chicco.
Il corridoio era avvolto nell'oscurità e il ragazzo avanzava a tentoni. Una mano era stretta al petto, le dita chiuse attorno a qualcosa che emanava in leggero bagliore, l'altra tesa in avanti. I polpastrelli sentirono il freddo del metallo lavorato e un tremante sospiro di sollievo gli sfuggì dalle labbra. La porta si aprì su una grotta. Al centro svettava un enorme pilastro di pietra bianca, che emanava una luce soffusa. Si avvicinò e percorse con le dita una rientranza a forma di disco. Si voltò verso di lui, sorridendogli piano: "So che hai tante domande. Possiamo rimanere soli per un po', quindi ora o mai più." "Come ho fatto a vedere tutto?" "I sogni sono come i fili di un tessuto: chi ha in mano le matasse può intrecciare i fili, e decidere come." "C-che cos'è quella cosa?" "Lo sai, se conosci la leggenda. La luna ha un lato di sé che non mostra mai a nessuno, oscuro e spaventoso. La notte non è come il giorno, che brilla indistintamente dall'alba al tramonto e tutto avviene sotto i raggi del sole. No, la notte è il luogo degli amanti e degli assassini, è mutevole, piena di bellezza e di orrori. Io non potevo di certo essere da meno, o forse è lei che è stata modellata secondo il mio animo, chi lo sa?" "Non hai paura che arrivando qui potrebbe avere tutto il potere che gli serve per liberarsi?" "È una creatura di ombra e paura e il monolito è il suo opposto." "Allora perché desiderava quella pietra?" Aprì il palmo, mostrandogli una moneta candida. "Come ti ho detto, la luna ha due facce. L'ho scolpita dal monolito, per cui ne è una parte. Una parte però imperfetta, corruttibile, che lui potrebbe usare come un tramite. È molto più semplice rispetto al possedere il mio corpo." "Non so se capisco tutto questo..." "Ti chiedo solo una cosa." Gli posò la moneta sul palmo: tiepida e rassicurante. "Sei l'unico modo per portare la luna fuori di qui: se ti seguirà al risveglio, lui non potrà mai averla. Tienila sempre con te, non lasciarla a nessun altro." "E se vi sfruttasse? Avete detto che un secondo tramite siete voi." Sorrise nuovamente, con una quieta rassegnazione: "La prima volta ho ceduto alle sue promesse. Non ricapiterà mai più, costi quel che costi." Lo sguardo cadde sulla pozza di sangue che si stava allargando sotto i loro piedi: "Siete ferito, come farete?" Si fissarono per qualche secondo. Carezzò la guancia del cavaliere con la punta delle dita e, sollevandosi sulle punte, gli diede un casto bacio sulle labbra. "Ti prego, tienila al sicuro." Quando si separò, il muro tornò a dividerli. Vi batté contro i pugni, invano.
Artemis, caro, finalmente hai smesso di scappare da me. Gli aveva preso il mento tra le dita, sollevandogli il viso per poter incontrare i suoi occhi. L'altra mano percorreva la schiena. Odio quando devo farti del male, Artemis, ma tu mi costringi a punirti. Ora fa il bravo bambino e consegnami la luna. "Perdi tempo: non è più qui." Oh, suvvia, non rendere le cose difficili. Dove l'hai nascosta, tesoro? "Te lo ripeto: non è più qui." Mi sembra evidente che non sia in questo sogno. Dimmi immediatamente dov'è. Le dita penetrarono nella ferita, provocandogli uno spasmo. "Sei più deficiente di quanto ti ricordassi: la luna non si trova più qui." Lo afferrò per la gola e gli fece sbattere la testa contro il pilastro: un suono sordo echeggiò per la grotta. Consegnami immediatamente la luna o ti ammazzo! Gli rivolse un sorriso serafico: "Ormai dovrebbe essere l'alba, si sveglierà tra poco." La presa sul suo collo si rafforzò, mozzandogli il respiro. Lurida puttana! Diede un altro paio di forti colpi contro la pietra, che si tinse di rosso. Lo gettò a terra e gli fu sopra. Gli strinse i polsi, in uno scricchiolio inquietante. Richiamalo qui! Richiamalo, o ti spezzerò tutte le ossa! Era un macabro spettacolo: quel demonio dal corpo di pantera non poteva nulla contro un gattino che lo fissava placido e indifeso. Il ruggito gli congelò il cuore, prima che quegli artigli si macchiassero di rosso.
Si sollevò a sedere urlando, sudato e tremante. "Ehi, ehi, calmo!" Fissò il compagno d'armi, che lo aveva preso saldamente per le spalle. "I-io...." "Era solo un brutto sogno. Ora è tutto finito. Torna a dormire: manca ancora un po' alla sveglia." Lo fece stendere nuovamente, dopo aver girato il suo cuscino sul lato asciutto; sbadigliò e tornò alla propria cuccetta. Quando fu sicuro che tutti si fossero abbandonati di nuovo tra le braccia del sogno, carezzò con le dita la moneta.

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Writober 2021
RandomWritober 2021 Ottobre: 31 giorni, 31 prompt per la scrittura Racconti indipendenti tra loro e d'argomento vario. Saranno per lo più, se non totalmente, racconti originali, non fanfiction. I prompt vengono dal sito di fanwriter, li attingerò dalla li...