XLV

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Il pozzo di Mimir si trovava in un luogo di intersezione fra i mondi. Da lontano Svafrlami riconobbe il ponte arcobaleno Bifrost, che portava ad Asgard, in una zona di aridi cespugli, dov'eravi un albero spoglio di color bianco, il cui pertugio, qualora lo si penetrasse, conduceva a una ripida discesa di sassi smossi, più avanti resa agibile da una scalinata rocciosa che scendeva verso Jotunheim. Se si andava oltre, si poteva giungere alle radici di Yggdrasil. Per fortuna il passaggio era troppo stretto, oltre ad essere protetto dalla magia di Odino, perché vi passasse un gigante.

Svafrlami aveva visto dal suo trono che l'unico ad aver ottenuto il permesso di percorrerlo, facendosi piccolo per poi fuori riprendere la stazza originale grazie alla sua magia, era stato appunto il saggio Mimir, divenuto il custode del pozzo per richiesta di Odino. Ne beveva l'acqua con il Gjallarhorn, un corno che condivideva il nome con quello che Heimdall avrebbe suonato per annunciare l'inizio del Ragnarok.

Il re di Gardariki però arrestò il suo cavallo non perché avesse dinanzi a sé l'assennato Mimir, bensì perché, di fronte a una pietra runica in cui era rappresentato Odino appeso al sacro frassino, si imbatté in due vecchie conoscenze:

«Perché siete qui?» Fissò l'avvenente volva incappucciata.

«Benvenuto, sire. Quali buoni venti vi hanno portato in questo posto?»

«Vi ho fatto una domanda e sarebbe cortese che me la rispondeste prima di porgermi un'altra.»

«Non dovreste essere qui» parlò l'irritante volva mocciosa. «Dovreste essere a Holmgard, a difendere il vostro regno.»

«Di nuovo i cattivi auguri? Dall'ultima volta che avete tessuto funeste profezie, non ho fatto altro che espandere Gardariki.»

«I nostri avvertimenti li forniamo molto prima del tracollo, poiché la persona riesca a salvarsi in tempo. La fine si avvicina, Svafrlami.»

«Quindi mi stavate aspettando qui per tormentarmi un'altra volta con le vostre profezie?»

«Siete un gran re, questo è vero, ma non datevi troppa importanza» alzò la voce la donna. «Siamo qui per cercare di ravvivare questo luogo. Sino a pochi anni fa, non c'era soltanto un albero secco in questi paraggi. Era come un giardino di Freya, colmo di piante rigogliose e animali vivaci. Abbiamo financo dato da mangiare al suo sacro cinghiale alcune volte. Tristemente non l'ho mai più visto. Penso sia stato sbranato da lupi.»

«Voi di nuovo a parlare di lupi...»

«Anch'io ricordo quel giorno come fosse oggi.» La marmocchia si espresse attraverso una sequenza di sospiri nostalgici. «Quel bestione era molto affamato. Sol spuntava in cielo simile a una valanga di fuoco e brace. Ed Eikintjasna era con noi, istruendoci come faceva sempre. A proposito,» i suoi occhi si appiccicarono sul re di Gardariki, «davvero non l'avete più vista in tempi recenti?»

La lingua gli si annodò nella bocca, nonostante la voglia di proferire insulti contro tutte quelle stramaledette volve.

Tirò le redini e spronò il destriero spingendolo a un brusco galoppo con il solo intento di lasciarle indietro e mai più vederle.

Boccheggiante raggiunse il pozzo di Mimir, in un'area ove gli arbusti si facevano ancora più radi e miseri. Quello era un pozzo dall'aspetto comune, anche se più ampio del solito.

Non appena si mise a bocconi su di esso, l'acqua incominciò a bollire. Vi emerse un volto con gli occhi serrati. Era forse vera la leggenda secondo la quale la sua testa era stata recisa durante la guerra tra gli Asi e i Vani. Taluni sostenevano che fosse stato Loki a mozzarla, ma eranovi anche versioni che parlavano di Freya, che talvolta poteva essere molto capricciosa. Invaghitosi di lei, aveva perso il senno per un attimo, cercato di possederla e ciò era bastato perché perdesse letteralmente la testa, un paradosso però che così avesse subito ritrovato la ragione.

Il Verme del SangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora