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-Scendi o no? Muoviti!-.
La prima cosa che Selin percepì saltando giù dal camion fu un violento brivido lungo la colonna vertebrale: gocce di acqua gelida cadevano dal cielo e pizzicavano le sue guance, già arrossate dall'improvvisa variazione di temperatura.
Fece un respiro profondo, riempiendo i polmoni d'aria e gonfiando il petto.
Il conducente richiuse il portellone facendolo sbattere rumorosamente, poi tornò al posto di guida e ripartì, abbandonando sul marciapiede le quattro persone che aveva trasportato di soppiatto senza degnarle di una singola parola di incoraggiamento.
Erano tutte donne e tra queste Selin era di certo la più giovane, con i suoi ventidue anni.
La luce dei fari su riflettè su qualche pozzanghera, mentre il pesante mezzo si allontava lungo la carreggiata lasciandosi alle spalle una scia di fumo nero. La cittadina era silenziosa, un ammasso di palazzi in cemento separati da enormi strade di asfalto scolorito, e sormontate adesso da una fitta coltre di nubi grigie che impedivano la vista del cielo; una pioggia leggera ma tremendamente fredda stava bagnando ogni cosa.
Il lungo marciapiede pieno di cartacce e mozziconi affiancava quella che, stando alle indicazioni, doveva essere la via principale della città; ma anche questa si presentava piena di crepe, e neanche un'automobile ne percorreva la tratta nostalgica.
Le facciate dei palazzi erano sciatte, scolorite dal passare del tempo e dagli inverni rigidi che si abbattevano puntualmente sulla zona ogni anno; le serrande quasi tutte abbassate, nessuna zona verde che avrebbe potuto allietare un po' la vista da tutto quel cemento. Molte attività commerciali erano fallite, ciò che ne restava erano fondi commerciali vuoti e vetrate ricoperte da fogli di giornale.
Quando Selin si guardò intorno per la prima volta, stringendosi il colletto con una mano nel tentativo di proteggere la gola dall'aria fredda, pensò che di certo quella non era l'idea di America che si era fatta prima di partire. Si trovava probabilmente in una zona malfamata, ai margini della società e della vita agiata di chi puo' permettersi di meglio.
Non esattamente il sogno americano.
-Buona fortuna, ragazza- sibilò una delle donne che era stata sua compagna in quel lungo viaggio nella stiva del camion, mentre avvolta in un cappotto sbiadito e pieno di strappi le rivolgeva un sorriso sincero. Il suo volto era stanco, percorso da qualche ruga molto marcata, ma decisamente amorevole nei suoi confronti: Selin ebbe l'impressione, per un attimo, di rivedere in quegli occhi stanchi lo sguardo di sua madre.
-Buona fortuna anche a lei- rispose prontamente la ragazza, ricambiando l'augurio nella speranza che sarebbe davvero servito a qualcosa; ma nel tono della sua voce era presente una punta di amarezza, dovuta alla consapevolezza che nulla sarebbe stato mai facile per loro.
La donna avvolse le mani attorno al busto e sembrò pensare di andarsene, ma poi si voltò indietro nervosamente ed allungò nuovamente una mano verso di lei, come avesse voluto afferrare la sua e darle quel poco di consolazione che era certa le servisse.
-Vuoi per caso venire con noi?- chiese con un accenno di imbarazzo.
Ma questa volta l'altra scosse la testa con gentilezza. -No, me la cavo da sola. Grazie-.
Voltò le spalle trattenendo il fiato per un paio di secondi, e per non rischiare di cambiare idea si incamminò decisa lungo il bordo della strada evitando le pozze d'acqua che si erano formate a terra, tra le conche e le crepe dell'asfalto. Aveva potuto portare con sé soltanto un misero zaino ancorato alla schiena, che aveva riempito con lo stretto necessario alla sua sopravvivenza: un cambio di vestiti, una bottiglia d'acqua, qualche biscotto e soprattutto i suoi risparmi, in contanti. Aveva dovuto abbandonare la maggior parte delle cose che le appartenevano con il fine di non appesantirsi il bagaglio, che forse avrebbe dovuto trascinarsi dietro per giorni prima di trovare un posto ove riporlo.
La ragazza sospirò, alzando lo sguardo e perdendosi ad osservare i malinconici profili dei palazzi bagnati dalla pioggia battente; per la prima volta da quando era partita iniziò a sentirsi sollevata. 
Nonostante le difficoltà era riuscita ad arrivare fino a li, e adesso era finalmente libera. Non era stato affatto facile abbandonare tutto quanto e partire verso l'ignoto con quei pochi risparmi chiusi dentro il palmo; affrontare quel lungo viaggio in barca e poi nel vano di carico di un camion, in balia di un vero e proprio trafficante di esseri umani senza scrupolo alcuno, negata anche della certezza di riuscire per davvero a varcare il confine.
Ma adesso, da quel preciso momento, sarebbe per lei iniziata una vita tutta nuova.
Fece un altro profondo respiro, inspirando aria gelida dal naso e dalla bocca, mentre pensava proprio a questo. Poi piegò le labbra in un sorriso appena percettibile mentre accellerava il passo, sfruttando la presenza di qualche balcone per evitare la pioggia.
Selin aveva un fisico molto esile che teneva ben nascosto sotto a un abbigliamento di diverse taglie più largo del necessario; una spruzzata di lentiggini le ricadeva sul naso, aveva due occhi color castagna ed un viso sottile e delicato, contornato da una chioma di capelli marroni e lisci per loro natura. La sua pelle era chiara ma non pallida, le labbra screpolate a causa delle fredde temperature e della precaria alimentazione.
Aveva imparato molto presto a prendersi cura di sé stessa, era scaltra e molto coraggiosa; aveva dovuto cavarsela da sola già in molte situazioni pericolose: di fatti proveniva da una realtà cruda e difficile, che ne aveva forgiato il carattere.
Durante la sua prima camminata di perlustrazione della zona, la ragazza si perse con lo sguardo sui balconi vuoti, dai quali perdevano vasi contenenti soltanto terra o al massimo piante morte, e sovrastato da quelle nuvole grigie che sembravano promettere pioggia e freddo ancora per un bel po'.
Ad un certo punto, mentre proseguiva il suo cammino con i pugni avvolti sulle brettelle dello zaino, l'attenzione di Selin fu catturata da un'insegna luminosa la quale, a causa di un malfunzionamento, lampeggiava in modo fastidioso; si trattava di un piccolo bar, la cui vetrina faceva angolo tra due strade.
Attraverso il vetro era possibile scorgere una piccola porzione dell'ambiente interno, dove potè identificare un grosso bancone di legno ed un paio di persone sedute li davanti.
Istintivamente la giovane si ripulì i vestiti con le mani e raccolse i capelli in una coda di cavallo, cercando di assumere un aspetto meno malconcio e più gradevole prima di avvicinarsi per entrare: avrebbe dovuto trovare in fretta un alloggio per quella notte se non voleva trascorrerla in strada, e pensò che un bar potesse essere un buon posto ove chiedere informazioni in merito a questo.
Spingendo con delicatezza la porta d'ingresso, che collegata ad un antiquato congegno elettronico emise un fastidioso suono all'apertura, la ragazza non si aspettava di certo di ritrovarsi addosso gli occhi di tutte quante le persone che si trovavano all'interno: il primo fu il barista, che con una pila di bicchieri sporchi poggiata sul petto si fermò improvvisamente e le rivolse uno sguardo curioso; allo stesso modo, i due uomini che erano seduti con i gomiti poggiati sul bancone del bar volsero la testa in sua direzione.
Vide chiaramente uno di loro dare un lieve colpo di gomito all'altro, come a volerlo invitare a guardare meglio.
Imbarazzata fino all'osso Selin abbassò lo sguardo in modo quasi istantaneo, seppur avrebbe tanto voluto chiedere a quelle persone che diavolo avessero da guardare in quel modo. Dovette trattenersi dal farlo: essendo al momento una vera e propria clandestina, l'ultima cosa che avrebbe dovuto fare era proprio attirare l'attenzione su di sé.
Richiuse la porta alle sue spalle, imponendosi seppur con fatica di mantenere un atteggiamento composto e rilassato, ma si sentì scuotere quando la voce del barista raggiunse le sue orecchie.
-Non ti ho mai vista. Bevi qualcosa?-.
Selin ricambiò finalmente il suo sguardo, ma dapprima esitò a rispondere a quella domanda. L'uomo non sembrava avere un atteggiamento aggressivo o provocatorio nei suoi confronti, e probabilmente quella domanda era stata solo un modo come un altro di avviare una conversazione con una cliente che non ricordava di avere mai visto.
"Mantieni la calma, loro non possono saperlo" si ripeté più volte.
-Hei, capisci la mia lingua?-.
Il barista, sollevando la sopracciglia, la stava adesso fissando ancor più intensamente.
Selin si lasciò scappare un sorriso carico di nervosismo, ed avvicinandosi al bancone annuì con un cenno del capo.
-Sì, io... Mi scusi il disturbo, vorrei chiederle un'informazione- balbettò.
L'uomo a quel punto parve davvero infastidirsi, probabilmente perché doveva aver capito che lei non possedeva il becco di un quattrino da spendere nel suo locale. Rassegnato, il barista si sforzò di ascoltare le richieste quella strana ragazza, mentre si apprestava a sistemare i bicchieri sporchi nel lavello. -Sentiamo, che ti serve?- borbottò.
Lei iniziò a giocherellare con le dita delle mani, percorrendo rapidamente con lo sguardo il muro alla sua destra, ricoperto di vecchi quadri e qualche foto sbiadita; una di queste ritraeva proprio quello steso bar, immortalato dall'esterno, e pareva essere stata scattata molti anni addietro. Si trattava di un'istantanea in bianco e nero appesa al bordo di un quadro con una piccola molletta di legno.
-Io... Sto cercando un alloggio in città- spiegò infine la ragazza. -Qualcosa di molto economico, mi saprebbe indicare un posto?-.
Visibilmente innervosito, il barista a quel punto non disse niente, ma si limitò ad indicarle con un rapido gesto della mano una bacheca appesa vicino alla vetrina dei vini, ove erano stati applicati diversi volantini pubblicitari, qualche dedica d'amore ed anche annunci di vario genere.
Avvicinandosi Selin osservò rapidamente i vari pezzi di carta di forme e colori differenti. Poco dopo il suo sguardo fu catturato da un annuncio scritto a penna su un foglio di carta ingiallito, che sul bordo piu in basso presentava diverse striscioline da strappare sulle quali era riportato un numero telefonico e un indirizzo.
Una scritta a caratteri cubitali era invece impressa al centro, e recitava:

"Camere in affitto, prezzi modici. Solo per donne".

Selin sorrise lievemente e senza indugiò staccò una delle strisce di carta, infilandola poi in tasca.
-Mi sa per caso dire dove si trova questa via?- disse poi, voltandosi nuovamente verso il barista ed indicando l'annuncio con la punta dell'indice.
Quest'ultimo, facendo una smorfia, scosse la testa. -Ma che ne so, mi hai per caso peso per una guida turistica?- grugnì, irritato. -Per favore, se non ordini niente vattene e lasciami lavorare-.

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