«Sì, sono curioso di sapere se sono tutti strambi come te.»

Mi misi a ridere ripensando ad alcuni episodi con i miei parenti. «Beh, effettivamente un po' lo siamo. Io ed Erik abbiamo la stessa madre, ma i padri sono diversi e i nostri rispettivi genitori, a loro volta, si sono rifatti una famiglia. A Natale c'è un casino pazzesco tra patrigni e matrigne che non hai idea. Io e lui siamo molto legati perché siamo sempre stati nel mezzo. Non ci sentivano di appartenere pienamente a nessuna delle due... fazioni

«Non ho capito, adesso vostra madre sta con tuo padre o con quello di Erik.»

Mi scappò un colpo di tosse. «Veramente con nessuno dei due. Si è risposata per la terza volta qualche anno fa.»

«Wow!»

«Sì, diciamo che lei è molto... oddio, come potrei definirla, frivola, ma è così in tutto. Non ci ha fatto mai mancare nulla, però praticamente io e mio fratello vivevamo con la valigia in mano. L'unico punto di riferimento per me è sempre stato Erik, che mi ha fatto e mi fa tutt'ora sia da padre che da madre. E quando gli hanno offerto il lavoro qui a Milano l'ho seguito.»

«Capisco... quanti anni di differenza avete?»

«Esattamente dieci.»

Hyunjin si ammutolì un'altra volta. Ero perplessa, dovevo rivolgergli la stessa domanda, oppure rischiavo di toccare un nervo scoperto? Avrei potuto chiedergli del padre, era rimasto solo lui. Magari era meglio cambiare completamente argomento. Mi guardai intorno in impaccio, in quel momento avrei tanto desiderato che un serpente strisciasse nella nostra direzione, invece qualsiasi specie del regno animale sembrava essersi dileguata nel nulla.

«Sei pensierosa.»

«Chi, io? No, no, sto benissimo...» La mia voce si incrinò leggermente, sottolineando il mio disagio.

Jin allargò le labbra in un ghigno divertito. «Guarda che puoi chiedermelo.» Subito dopo si portò su un fianco, con la mano poggiata sulla tempia per sorreggere la testa.

«C- cosa... cosa dovrei chiederti?»

Attenta Vic... domanda trabocchetto in arrivo.

«Della mia famiglia e di mia mamma.»

L'aveva detto, di nuovo. L'aveva nominata per la seconda volta nel giro di pochi minuti e si sentiva pronto a confidarmi i suoi pensieri, anche se ero una semi sconosciuta per lui, o magari era proprio quello a invogliarlo.

«Non ero sicura se ti sentissi pronto a parlare di lei...» Chinai il capo, non riuscivo a guardarlo negli occhi, avevo paura di rivedere la tristezza trasparire dalle sue iridi scure. Per non stare con le mani in mano cominciai ad arrotolare intorno all'indice un filo che sporgeva dalla gonna.

Riportò le braccia sotto la nuca e si rimise sdraiato con le palpebre abbassate. «Pensavo che andare dall'altra parte del mondo avesse cambiato la realtà. Mi ero illuso che l'avrei pensata di meno, invece sta succedendo l'esatto contrario.» Prese fiato inalando aria dalle narici. «Le sarebbe piaciuto tantissimo il museo di ieri, si sarebbe entusiasmata nell'ammirare la piazza vista dai terrazzi e sarebbe stata contenta come una bambina del pic-nic di oggi. Si sarebbe messa a gironzolare per il parco, le piaceva toccare il fusto degli alberi per avvertirne la ruvidità sotto i polpastrelli e sono sicuro che avrebbe raccolto le foglie da terra, per poi conservarne alcune tra le pagine dei suoi tanti libri. Adorava la natura e rispettava ogni suo singolo elemento.»

No, no, no... non piangere!

«Tua madre era una persona meravigliosa.»

Il coreano aprì finalmente gli occhi e cominciò a fissarmi serio. «Cerca di non sclerare... ma hai un cimice in testa.»

Tremai. «Aaahhh... dove, dove!» Con uno scatto felino balzai in piedi e cominciai a scompigliare i capelli con le mani. «Hyunjin! Non startene lì impalato, aiutami.»

Il biondo fece l'esatto contrario, si portò una mano allo stomaco e cominciò a ridere a crepapelle, mettendo in mostra il suo lato più spontaneo, finora rimasto seppellito sotto il guscio duro causato del dolore per la sua recente perdita. La sua risata aveva un suono bellissimo ed era confortante vederlo ridere in quel modo sincero, spensierato e allegro. Avevo ancora il terrore che un animale abitasse nei miei ricci, ma fui in qualche modo sollevata.

Ritornata a casa mi buttai tempo zero sotto la doccia. Presi una generosa quantità di shampoo e iniziai a strofinare energicamente la cute. Per tutto il tragitto Jin aveva continuato a insinuare che sentiva uno strano odore, ma non ero riuscita a capire se scherzasse o meno. Quegli insetti, oltre a essere brutti e completamente inutili per l'ecosistema terrestre, puzzavano da morire.

Sentii suonare il cellulare e decisi di ignorarlo. Cominciai a frizionare con tutta la forza che avevo nelle dita, ancora e ancora. Poco dopo squillò un'altra volta e un'altra volta ancora. Buttai la testa fuori dalla doccia e guardai truce lo schermo, con l'acqua che colava sul mio telefono, per controllare il mittente.

È Erik, magari ha bisogno.

Allungai un braccio insaponato e accettai la chiamata. «Cazzo Erik, se non rispondo ci sarà un motivo! Sono sotto la doccia ti richiamo dopo...» Stavo per riattaccare quando mio fratello quasi urlò e mi bloccai con il cellulare vicino all'orecchio bagnato.

«No, no, ormai hai risposto. Come va con il figlio del signor Hwang? Dimmi che stai facendo la brava, ti prego.»

«Sì... sto facendo la brava...» Cantilenai svogliatamente e alzai gli occhi al soffitto; non ero mica una bambina di otto anni?! «Adesso, però, devo proprio andare, ciao eh...»

«No, Vic, aspetta! Ti anticipo che domenica il signor Hwang vuole portarci fuori a pranzo, quindi suo figlio adesso è ok, cioè parla, vero?»

«Eccome se parla e comunque si chiama Hyunjin, ricordatelo, prima di fare qualche figura di merda.» Guardai verso il basso e mi accorsi che il pavimento del bagno si stava inondando di acqua e shampoo.

«Iu come?»

«Hyunjin... H di hotel, Y di Youtube, U di Udine...»

«Vic, non serve che mi fai lo spelling, non me lo ricorderei comunque.»

Questo è scemo!

«Argh, ok... allora chiamalo Jin, come il gin da bere, quello te lo ricordi, sì?!»

«Jin, come il gin da bere, sì... ok.»

«Perfetto, ciao!» Riattaccai premendo sulla cornetta rossa e lanciai il telefono lontano da me.

Risciacquai i capelli con abbondante acqua, poi presi un altro po' di shampoo e li lavai per l'ennesima volta. Avrei usato anche lo sgrassatore o la candeggina per essere sicura di togliere ogni possibile traccia di odore.

Due settimaneOnde histórias criam vida. Descubra agora