Capitolo II

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                                                                Capitolo Secondo

Nonostante fosse aprile, era una mattina gelida. Jason ci portò a scuola come tutti i giorni con il furgoncino. Non ero stato attento un secondo a scuola, ero troppo curioso di tornare a casa per ricevere il mio atteso regalo. Quando suonò la campanella, saltai letteralmente fuori dalla classe e mi precipitai fuori, dove Jason ci aspettava. Mi sedetti sul sedile anteriore, accanto a lui, e aspettai che ci fossero tutti per poter finalmente andare a casa.
Una volta nella mia stanza gettai lo zaino a terra e mi resi conto che qualcosa non tornava. Da sempre la mia camera era stata solo mia. La casa era così grande che io, essendo stato uno dei primi, se non il primo bambino ad essere ospitato lì, avevo uno spazio tutto mio, e anche piuttosto ampio. Quel giorno, tornato da scuola, notai che era stato aggiunto un letto accanto al mio. Rimasi a guardare per un attimo impietrito, quando sentii la porta che dietro di me si apriva lentamente. Mi voltai e vidi che piano piano dalla porta marrone di legno spuntava una bambino. Era piccolo, davvero minuto, aveva i capelli lisci e scuri tutti scompigliati davanti agli occhi e mi arrivava non più su della spalla.
“Ciao” feci tranquillo. Il bambino entrò, si chiuse la porta alle spalle, e si sedette su quel nuovo letto, che a quel punto intuii essere suo.
“Ciao” mi rispose abbassando la testa.
Io mi sedetti sul mio materasso avvolto dal piumino blu, in modo da poterlo guardare in faccia. “Come ti chiami?” chiesi curioso.
Lui alzò la testa con calma e si scostò malamente i capelli dalla fronte, scoprendo due grandi occhi nocciola. “Mi chiamo Frank.” La sua voce era quella di un normalissimo bambino, ma dentro nascondeva una nota di tristezza, quella che nessuno dovrebbe avere da così piccolo.
“Perché sei qui?” Avevo posto la domanda con davvero poco tatto, ma avevo dieci anni,  queste cose i bambini non le capiscono bene.
Frank riabbassò la testa e la sua faccia fu ancora una volta occultata dalla sua chioma.
Rimasi in silenzio con lui per molto tempo. Non so esattamente quanto, alla fine mi alzai e mi sedetti vicino a lui.
“Io sono Gerard” esordii con tutta la leggerezza del mondo.
Vidi spuntare un debole sorriso sulle sue labbra e continuai a parlare, in modo che prima o poi voltasse lo sguardo verso si me. “Ho dieci anni, e vivo qui da sempre. Tu sei nuovo, vero? Da quanto sei arrivato? Ieri non c’eri.” La raffica di domande parve spaventare Frank, che finalmente si decise a rispondermi.
“Io ho sei anni, sono arrivati qui stamattina, mi hanno detto che starò bene in questo posto” mormorò.
Io gli sorrisi. “Starai benissimo, io adoro stare qui. Lucy e Jason sono bravissimi!” esclamai.
Riuscii a strappargli un sorriso sincero.
“Lucy mi ha detto che oggi è il tuo compleanno.” Osservò, “Mi ha chiesto di darti questo.”
Frank infilò la testa sotto il suo letto e dopo aver trafficato con le mani per un po’, riemerse con un pacchetto colorato in mano.
Lo presi delicatamente dalle sue piccole dita e lo rigirai fra le mie per un po’.
“Non lo apri?” mi invitò lui impaziente.
Annuii e strappai velocemente la carta azzurra che mi separava dal mio regalo.
Poggiai delicatamente sul letto quell’oggetto che per me non aveva valore. Era una scatola da trentasei matite, erano delle bellissime matite colorate che averi potuto usare per fare tutti i miei disegni. Non avrei potuto desiderare di meglio.
“Ti piace?” mi chiese Frank. “L’abbiamo comprato io e Lucy mentre venivamo qui.”
Non riposi, non avevo davvero parole.
Proposi a Frank di disegnare un po’ con me e lui accettò volentieri.
Ci sedemmo alla scrivania. C’era ancora solo una sedia, e ci dovemmo arrangiare. Comunque eravamo piccoli e lui era davvero un scricciolo.
Presi dei foglio bianchi da un cassetto e tirai fuori le matite dalla scatola.
Rimasi un po’ a pensare e cosa creare coi colori. Vidi Frank che cominciava a tracciare qualcosa sul foglio, ma sinceramente nemmeno a lavoro concluso riuscii a capire che cosa cavolo avesse avuto intenzione di disegnare. Va bene che aveva solo sei anni, ma nemmeno dopo le sue doti migliorarono.
Da quel giorno la mia vita cambiò completamente, stavamo sempre insieme, eccetto quando a scuola avevamo lezione, e visto che avevamo due età differenti, eravamo in classi diverse.
Col tempo riuscimmo a convincere Lucy e Jason a farci tornare a casa da soli. Dopo tutto la scuola non era molto distante e ci si arrivava con poco più di venti minuti di camminata. Quello era il momento della giornata che preferivo in assoluto, eravamo solo noi due con i nostri pensieri. Passavamo sempre per strade secondarie in modo da non incontrare nessuno, e se era tempo bello ci fermavamo anche a prendere un gelato in un chiosco lungo il tragitto. Era tutto perfetto, non potevo desiderare altro: una casa, due persone che si prendevano cura di me, e Frank.

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