Capitolo 1

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Osservai cautamente le persone sedute attorno l'orribile tavolo di qualche stupido legno pregiato,  coperto di cibo che entro qualche minuto sarebbe finito nella spazzatura, le facce rilassate e la postura composta erano le stesse di ogni giorno ma al lato destro del tavolo c'era, nell'aria, qualcosa che non riuscivo a identificare.

Colui che avrei dovuto chiamare padre aveva un fastidiosissimo ghigno compiaciuto sulla sua faccia paffuta ed era peggio del solito,  mentre la donna che avrei dovuto chiamare madre o almeno credevo, come avrei dovuto chiamare la  terza amante nell'arco di tre anni?  Non sapevo se c'era un nome specifico per lei, forse puttana?  Lei non smetteva di lanciarmi sguardi misti tra la preoccupazione e l'irritazione. Non prometteva nulla di buono. L'unico motivo per il quale ero ancora seduta su quella scomoda sedia era la ragazzina davanti a me che mi sorrideva felice mentre divorava, ignara di quello che stava succedendo, la sua cena. Lei era l'unica cosa buona nella mia vita da ormai tanto tempo. Quando avevo dodici anni ero stata portata via dalla mia famiglia, i miei erano morti in situazioni strane e l'unica cosa che ricordavo era di essere stretta tra le braccia di mio fratello quando un uomo entrò e mi staccò da lui. Weston combatté con tutte le sue forze, ma l'altro era molto più forte e l'ultima volta che lo vidi era trattenuto da un uomo   mentre del sangue gli scendeva dalla bocca e urlava a squarciagola il mio nome piangendo. Non avevo mai visto mio fratello piangere, neanche al funerale dei miei. Mi ricordo di essermi svegliata in un letto molto più grande del mio con due facce sconosciute che mi guardavano incuriosite e con uno strano sorriso mentre mi informavano cosa fosse successo. Dissero che i miei fratelli erano morti. Io non ci credetti, mi ribellai ma alla fine non servi a nulla. Mi fecero vedere delle foto, solo in quel momento smisi di lottare e di esistere. Il mio cuore si spezzò, di nuovo. Ogni volta che provavo a fare domande venivo picchiata e anche se la parte ribelle di me non faceva salti di gioia avevo imparato a stare al mio posto ma la situazione era peggiorata quando la mia sorellastra, Chloe,  era nata un anno dopo che ero arrivata e da allora era stata la mia unica gioia, spettava a me prendermene cura e lo facevo con grande piacere ma ovviamente c'era un prezzo da pagare per tutto e se non avessi seguito le regole la piccola bambina innocente avrebbe pagato e io non ero una che seguiva molto le regole. Mio padre non amava sua figlia, avrebbe voluto un maschio per continuare la sua eredità, la faceva piangere, in continuazione, e diavolo se lo odiavo. 

Le porte di vetro si aprirono mente la cuoca portava sul tavolo il dolce. La osservai distribuire una fetta di torta alle mele ciascuno e la osservai anche mentre fuggiva via dalla sala. 

Quanto avrei voluto fare la stessa cosa.

 Mangiai controvoglia, odiavo le torte con la frutta e una volta finito non vedevo l'ora di ritirarmi nella mia camera e mettere più distanza possibile tra me e le loro espressioni, non erano mai felici, ghigni infastiditi, sguardi assassini ed espressioni fumati erano le uniche che ricorrevano quotidianamente a tavola. La mia sorellastra si alzò e chiese il permesso di allontanarsi e quando le fu dato la imitai. Certo aveva due genitori menefreghisti ma avrebbero scelto lei al mio posto per l'eternità. Mi stava bene, li odiavo con tutto il cuore.

"Posso andare?" Domandai con testa china mentre mi mordevo la lingua per non fare qualcosa di stupido. "Ti devo parlare Mia." Mi ghiacciai sul posto. Questo non significava nulla di buono. Quelle poche volte che mi rivolgeva la parola oltre per sgridarmi o minacciarmi erano per darmi pessime notizie tipo:

Mia andrai in una scuola di sole femmine

Mia non vedrai la tua sorellina per più di un mese

Mia i tuoi fratelli sono morti

Mi irrigidì ma annuì, lui si alzò e mi fece cenno di seguirlo nel suo studio. Odiavo quel posto. Era maggiormente li che venivo picchiata per non essere una Barbie perfetta senza volontà. Lui chiuse la porta e si sedette al solito posto dietro la scrivania di vetro nero. Mi fece cenno di sedermi ma rifiutai, preferivo rimanere in piedi ma normalmente avrei accettato lo stesso. Il mio era un test e quando, pur irritato, non disse nulla capì che qualunque cosa avesse detto per me avrebbe significato morte certa.

Dannazione con Bradley(mio padre) era sempre meglio aspettarsi il peggio.

Mi preparai mentalmente a qualunque cosa mi volesse dire. Quel pazzo psicopatico era capace di tutto. Mi aveva odiato dal primo momento che mi aveva vista e non aveva perso tempo per rinfacciarmelo. "Mia sei grande ormai e sai cosa ci si aspetta dalle ragazze della tua età." Lo disse con un ghigno che mi fece venire mille brividi. Oh sapevo esattamente cosa ci si aspettava da me ma speravo che quel momento non sarebbe mai arrivato perché  avrebbe significato la morte certa. Una minuscola parte di me aveva sperato che visto il suo odio nei miei confronti mi avrebbe risparmiata non appena avessi compiuto la maggiore età, diseredandomi, ovviamente non ero stata così fortunata. "Quando " dissi solamente, non provai neanche a convincerlo del contrario, il bastardo godeva di ogni secondo che passava a torturarmi e non gli avrei mai dato tale soddisfazione. Cazzo probabilmente sarei finita con il peggio del peggio.

"Tre mesi." Eravamo a gennaio quindi significava che si sarebbe svolto a marzo.

Cercai di non far trasparire le mie emozioni ma sapevo bene che la mia espressione parlava per me, era anormale sposarsi così presto, normalmente ci sarebbero dovuti essere mesi e mesi di corteggiamento, ovviamente non avrei ricevuto quel piccolo vantaggio.

"Lui ti ha richiesta immediatamente, non importa come si svolgono gli altri fidanzamenti, in questi mondo si gioca sporco lo dovresti sapere." Oh lo sapevo bene. Il mio mondo crollò. Tre mesi erano troppo pochi. Che sciocca che ero stata anche solo nello sperare che forse sarei stata risparmiata da questa barbieria.

Mandai giù la saliva e trattenni le lacrime. Mi restavano tre mesi di libertà. " Chi è?" Domandai dura. Quei tre mesi mi sarebbero anche serviti a capire come mi sarei dovuta muovere e conoscendolo non sarebbe stato semplice. "Rhett Ward ti ha richiesto personalmente come sua sposa." I miei polmoni si rifiutarono di far entrare dell'aria per alcuni secondi.

Nel preciso istante in cui pronunciò il suo nome seppi che per me non c'era alcuna speranza, cazzo sarei stata fortunata a sopravvivere un anno se fossi stata docile e sottomessa.
Rhett Ward, il capo della mafia di Boston. Aveva ucciso più uomini di quanti ne avessi ma incontrati nella mia vita. E quel mostro voleva me, come sua sposa. Era quasi ironico, sarei passata dalle mani di un mostro a uno ancora peggiore. La mia vita era un fottuto spettacolo da circo. Mantenni la posizione eretta, mi presi qualche secondo e annui. "C'è altro?" Volevo correre vai da quella stanza e piangere, il prima possibile. "Si, tra una settimana verrà qui a conoscerti per la vostra festa di fidanzamento." Come me ne ero potuta dimenticare. Annui di nuovo e rifeci la stessa domanda. "Puoi andare adesso. Ah Mia ?" Mi girai verso di lui.

"Congratulazioni per il tuo matrimonio. " Scappai da quello studio il più velocemente che potevo.

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