Il cappotto della macellaia

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Lilia Carlota Lorenzo

Il cappotto della macellaia

Copertina: I duellanti (particolare) 1999 Lilia Carlota Lorenzo

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All’alba del giovedì 7 ottobre 1943, in un piccolo paese della pampa argentina fu ucciso un uomo. La verità non venne mai a galla. I morti non parlano, gli assassini non si autoaccusano, l’unico testimone non parlò perché era il vero colpevole.

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il paese... Palo Santo si trova in mezzo alla pampa. Ha una sola strada di terra battuta che costeggia la ferrovia. Da un lato s’innalza il lindo edificio della stazione fatto dagli inglesi, come d’altronde tutta la rete ferroviaria che attraversa il Paese; il cui tracciato, questo va detto, soddisfaceva il comodo degli inglesi, non quello degli argentini. Di fronte alla stazione si stendono gli unici otto isolati che compongono il paese, con una media di cinque case ciascuno. Poi, sparpagliati un po’ qua un po’ là, i soliti ranchos abitati dai soliti poveracci. Tranne i 207 residenti del paese, agli agricoltori e agli allevatori di bestiame che vengono a far la spesa una volta alla settimana – più i parenti di entrambi i gruppi – nessuno ha mai sentito nominare Palo Santo. Questo non impedisce agli abitanti di sentirsi come se vivessero nell’ombelico del mondo. Non se ne sarebbero mai andati e, se fosse stato necessario, molti di loro avrebbero sacrificato mogli, mariti, genitori e figli per impedirlo. 

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gli abitanti... La signora Fernández – nata Tomasetto – di anni quarantatré, altezza un metro e cinquantotto, piuttosto insignificante e insoddisfatta della sua vita, si era alzata come tutte le mattine, alle sei meno un quarto. Era ancora buio. Soffiava un vento gelido che tagliava la faccia. Nella ciotola del cane, l’acqua aveva formato una sottile lastra di ghiaccio. La signora Fernández era uscita nel cortile per accendere il braciere. Una volta assicuratasi che funzionasse correttamente – hai voglia poi di sentire le clienti che si 

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In Argentina: tuguri con pareti di fango, tetto di paglia e pavimento di terra in cui vivono i poveri delle periferie.

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lamentano dell’odore di fumo – lo aveva messo nella cameretta adibita al cucito. Oggi doveva sbrigarsi. Dopo pranzo sarebbe venuta la macellaia – era la maestra, ma in paese tutti la chiamavano la macellaia – con quel cesso di sua figlia a provarsi il cappotto. Era la terza prova. A quella non andava mai bene niente. E le cose non andavano bene perché fra una prova e l’altra, quel bidone di sua figlia continuava a ingrassare. Così, monta smonta, quel maledetto cappotto non sarebbe mai finito. Quella credeva di essere chissà chi perché era la direttrice della scuola. Direttrice, segretaria e maestra. Per forza, era l’unica. Chi veniva in un posto simile? Per carità, lei sarebbe morta se avesse dovuto lasciarlo, ma alla gente di fuori non la porti manco a rimorchio. La vita non era giusta. Non era giusto che quella serpe avesse un marito coi fiocchi: bello, bravo, di compagnia e chissà che uomo a letto. In più lavoratore, non come quel buono a nulla che si era trovata lei per marito vabbè lasciamo stare La macellaia voleva assottigliare la figura di sua figlia che la metta per terra e le faccia passare un panzer sopra così la assottiglia per sempre con quelle due tette da mucca in allattamento cosa vuole assottigliare? Alle sette, la signora Fernández sentì che si alzava suo marito. Adesso andava a pisciare e le lasciava il cesso pieno di schizzi che manco puliva, come se portasse a casa chissà che stipendio. Per dirla tutta, lo aveva sposato perché lei non era mai stata una gran bellezza. Piccola e proporzionata quello sì, ma la faccia era quella che era. In più, con il cucito si era guastata la vista e adesso doveva portare due culi di bottiglia davanti agli occhi. A quell’epoca aveva oltrepassato la trentina. Cosa vuoi, un marito non spunta dalla notte alla mattina come un fungo. Non che fosse brutto, ma il resto era tutto da buttar via. Se sua madre non si fosse impuntata, forse, non lo avrebbe sposato. Che poi, manco passato un anno del matrimonio, quella già diceva: “A tuo marito il lavoro non piace mica”, di qua e di là. No, se fosse stato per lei, non lo avrebbe sposato. Qualche scopata sì, quello le era sempre piaciuto. Non ne aveva mai fatta parola con nessuno e 

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